Crollo della castanicoltura, nella vallata del Santerno Confagricoltura calcola un -85% per «Clima e vespa cinese»
Un netto crollo della produzione di oltre il 40% nel comprensorio di Bologna e addirittura dell’85% in quello di Imola rispetto allo scorso anno: è questo il bilancio della campagna castanicola del 2023 secondo i dati raccolti da Confagricoltura Bologna, in collaborazione con il Consorzio Castanicoltori dell’Appennino Bolognese. Tra le vallate dell’Idice e del Samoggia, in quella che è l’area del Marrone Biondo, la perdita è stata tra il 40% e il 50% con una resa produttiva di soli 4,5/5 quintali all’ettaro contro gli 8 del 2022. Nella vallata del Santerno, in particolare nella zona di Castel del Rio, si è assistito ad una mancata produzione tra l’80% e il 90% con 1,10/1,20 quintali all’ettaro ottenuti rispetto ai 5,50 dello scorso anno.
“In primavera le forti piogge hanno compromesso in parte l’allegagione delle castagne mentre l’alluvione ha causato frane e smottamenti, facendo franare a valle molti castagneti” afferma Guglielmo Garagnani, presidente di Confagricoltura Bologna. In estate i forti venti “hanno determinato la rottura di molti rami e la caduta a terra di numerosi ricci. Oltre a questo, bisogna aggiungere l’estrema siccità dei mesi di agosto e settembre”. La tanto sperata pioggia è arrivata quando il frutto era già formato ed il pericarpo indurito che si è screpolato. Così “il frutto non può essere commercializzato” spiega Renzo Panzacchi, presidente del Consorzio Castanicoltori dell’Appennino Bolognese.
Nell’imolese c’è anche da registrare anche la forte persistenza della vespa cinese. “La situazione è sempre critica nella zona di Castel del Rio” illustra Panzacchi. “Spesso perché, alla fine delle operazioni di raccolta, alcuni castanicoltori continuano erroneamente a bruciare foglie e rametti che contengono il Torymus”.
red.cr.
Foto d’archivio