Fontanelice, insulti sulla panchina rossa contro la violenza sulle donne
La parola che si legge sulla panchina rossa contro la violenza sulle donne è inequivocabile: Tr***. La scritta è apparsa a Fontanelice, a pochi giorni dal 25 novembre e a poche ore dai funerali di Giulia Cecchettin, uccisa a 22 anni dall’ex fidanzato. Un femminicidio, a cui se ne sono già aggiunti altri, che ha fatto partire un’ondata di manifestazioni in tutta Italia e anche sul territorio.
Dura la reazione del sindaco Gabriele Meluzzi: «Alla vomitevole immagine a sinistra, un piccolo grande atto vandalico di una persona misera che ci ricorda quanto è grande la stupidità umana e quanto dobbiamo ancora impegnarci a migliorare le cose, voglio contrapporre le parole di Gino Cecchettin che dovremmo tutti leggere e fare nostre», scrive su Facebook il primo cittadino di Fontanelice, facendo riferimento al discorso del padre di Giulia Cecchettin, che durante il funerale della figlia ha parlato di femminicidio come fatto culturale e di responsabilità collettiva.
«Forse è vero – scrive ancora Meluzzi – che il patriarcato è (fortunatamente) in crisi, ma (purtroppo) questa crisi ed il cambiamento del ruolo maschile nella società, la sua progressiva perdita di centralità e di controllo, producono episodi che, quando “va bene”, sono il vandalismo in foto, quando “va male”, sono i femminicidi che riempiono le pagine di cronaca. E così, quando vengono meno il controllo e la possibilità di limitare l’altro, quando non si tollerano le donne che sono “azioniste” delle loro scelte, della loro libertà, non c’è niente di più banale che tirare fuori quella parola. Tr***», conclude il sindaco.
Anche il Partito Democratico condanna l’atto vandalico. «Quella parola impressa a chiare lettere, è un atto di violenza, è un’offesa che muove un’accusa contro la libertà di ciascuna donna di autodeterminarsi ed essere libera delle proprie scelte e della propria vita», afferma Clorinda Mortero, portavoce delle Donne democratiche dell’Unione territoriale imolese. E aggiunge: «Azioni intimidatorie come questa sono il chiaro segno che la cultura patriarcale, che rivendica la donna subalterna, si annida morbosamente nella nostra società».
red.cro.