San Cassiano, l’omelia del vescovo monsignor Giovanni Mosciatti
«Celebriamo la solennità di S. Cassiano, educatore della gioventù, che non rinunciò a comunicare la fede cristiana ai suoi studenti. Alcuni cittadini lo denunciarono al Prefetto come “autore di una nuova religione”. Processato, gli fu ordinato di rinunciare al proprio credo e di sacrificare agli dei della religione romana. Cassiano rifiutò e fu condannato a morte. Il giudice impose ai suoi studenti, come pena per averlo ascoltato, di eseguire la condanna. E’ su questo martirio, su questo sacrificio che la comunità cristiana ha trovato la forza per comunicare la fede, seminare speranza anche nei tempi bui dove le violenze erano diffuse e carità nei momenti difficili dove le povertà minacciavano la sopravvivenza. E questa fede ha passato i secoli, ha prodotto frutti meravigliosi ed ancora oggi attrae ed è viva. La festa di S. Cassiano arriva quest’anno sotto il segno di una tiepida speranza ma ci trova pur sempre dentro le fatiche di una emergenza che ci costringe ancora ad attenzioni, distanziamenti e protezioni.E’ proprio vero che abbiamo attraversato mesi in cui il virus ci ha rimessi davanti a ciò che è essenziale nella vita, ma il virus si comporta come tante altre cose: accade, ci costringe ad aprire gli occhi sul fatto che l’esistenza non ci appartiene e ce ne fa scoprire il valore. Poi passa. E spesso passa anche la novità di sguardo sulla realtà che ci aveva colpito. Il presente, invece, è la realtà preziosa che noi viviamo. La pandemia ci ha proprio insegnato la verità grande del tempo presente, di questo preciso istante in cui viviamo. E succede che possiamo rimandare il desiderio di felicità e di pienezza ad un altro momento, come se il presente fosse solo una stazione di passaggio.
La vicenda umana del nostro patrono Cassiano ci fa scoprire invece che l’incontro con Cristo spalanca la ragione a vedere la profondità ultima della realtà e del nostro presente, qui ed ora. Cassiano non è fuggito difronte al suo tragico destino, al suo presente, certo della Presenza di Colui che ha amato la sua vita portandola a compimento. Se non facciamo questo cammino di consapevolezza, se non troviamo una risposta per noi qui ed ora, nel nostro presente, anche se pieno di incertezze, rischiamo di non vivere con speranza e di ripetere parole che alla fine non convincono neppure noi.
L’attuale discussione sull’eutanasia, per esempio, è sintomatica di una perdita del desiderio di vivere, molto più diffusa di quanto vorremmo ammettere o affrontare. Certamente, di fronte alla sofferenza, le domande esplodono: «Perché io? Come è possibile sopportare questo? Se questa è la vita, vale ancora la pena viverla?».
Abbiamo tutti queste domande che, in un certo senso, urlano, anche se spesso sembrano oscurate, come se quello che fino a poco tempo fa era evidente non lo fosse più. Sia nei giovani, spesso soffocati dal contesto in cui vivono, sia in chi, imprigionato in un letto e in un dolore per il quale non vede né fine né scopo, percepisce la realtà come un ostacolo al suo desiderio di felicità. Ma l’eutanasia non risolve questo dramma.
Guardiamo a quello che è successo: in questa pandemia abbiamo visto emergere tracce di speranza in tanti che non hanno mancato di affermarla, anche sacrificandosi: negli operatori sanitari o in tanti giovani volontari; in medici e infermieri che hanno lavorato senza rinunciare a rispondere ai loro pazienti; nella dedizione di tanti docenti nel proseguire il rapporto con i propri studenti, magari a distanza, perché è la modalità che la realtà ha permesso; ancora, nella creatività di imprenditori e lavoratori che hanno reinventato le loro aziende per non chiudere.
Una speranza che ha fatto vivere tanti che si sono offerti volontari per aiutare in prima linea, dimostrando come a spingerli sia la voglia di vivere e di non lasciar morire.
Le domande che la vita pone richiedono una risposta credibile, una risposta che può essere data solo da chi vive la ragione come un’apertura, lasciandosi interrogare dalla vita. Queste domande hanno dentro una strada di bene che può essere percorsa in compagnia di Cristo che ha condiviso la nostra vita, ha sofferto ed è morto come noi, ha attraversato la contraddizione di una vita che sembra perdere. E lo ha fatto vincendo la morte, rimanendo al nostro fianco, per sempre. Egli risponde alle nostre domande con la sua presenza, visibile oggi, accanto a chi soffre.
Per questo non dimentichiamo mai che tutta la vita umana ha valore e guardare chi già vive così sostiene la nostra speranza e apre la possibilità di un percorso che non vogliamo perdere, con tutti coloro che incontriamo.
Per aiutarci in questo cammino ad ottobre potremo vivere due eventi molto significativi: tutta la Chiesa universale e quindi ogni Diocesi e comunità inizierà un cammino sinodale, per mettersi in ascolto, ricerca e proposta per un rinnovamento profondo della vita delle comunità cristiane. Ed il tema “Annunciare il Vangelo in un tempo di rigenerazione” riassume l’impegno della Chiesa che è in Italia, in continuità con quanto fatto e nell’orizzonte di un nuovo impulso. Come cristiani sappiamo che questo tempo difficile può diventare un’occasione utile per rinnovare le nostre comunità, ci metteremo in ascolto di tutto il Popolo di Dio a partire da ciò che i singoli, le famiglie e le comunità stanno vivendo: gioie e speranze, lotte e ansie. Ma la sfida più significativa sarà il “metodo sinodale”, che chiede di lavorare insieme, di partecipare alla riflessione comune, di crescere nella comunione ecclesiale concreta, ciascuno con la sua vocazione ed i suoi doni. Inoltre il 24 ottobre 2021 ricorrerà il 750° anniversario della Dedicazione della nostra Basilica-Cattedrale di Imola, dedicata a Dio onnipotente, in onore di S. Cassiano martire. Perché possa essere rinnovata la nostra vita, specialmente in questo tempo di prova della pandemia, dal giorno 24 ottobre 2021, ci sarà la solenne apertura dell’anno giubilare, fino al giorno 24 ottobre 2022. Da sempre la nostra Basilica-Cattedrale è il segno dell’unità di tutto il popolo della nostra Diocesi. Potremo gustare la gioia di ritrovarci e di poter vivere una reale ripresa della nostra vita, per poter gustare la gioia del vangelo e per un rinnovato slancio missionario. Anche su questo, nelle prossime settimane, daremo ampio spazio al cammino che ci attende.
Chiediamo l’intercessione di San Cassiano perché con la sapienza che ci verrà dallo Spirito e dalla preghiera, abbiamo la possibilità di discernere quali passi concreti fare nel presente, nella nostra Chiesa portatrice di fiducia e di speranza» (monsignor Giovanni Mosciatti, vescovo di Imola)
Foto dalla pagina Facebook della Diocesi di Imola