La filosofia allena i bambini a dare voce alla complessità, la parola alla filosofa Prisca Amoroso
Prisca Amoroso è ricercatrice in Filosofia teoretica, autrice ed esperta in pratiche filosofiche con i bambini; proprio di filosofia scrive per i giovani lettori de Lo Spunk, il giornale delle bambine e dei bambini, edito dalla cooperativa Bacchilega. Dopo il dottorato di ricerca in Philosophy, Science, Cognition and Semiotics presso l’Università di Bologna, Amoroso ha pubblicato contributi per numerose riviste scientifiche italiane e internazionali ed è autrice di «Pensiero terrestre e spazio di gioco» (Mimesis, 2019). Dal 2014, ininterrottamente, porta nelle scuole e nelle biblioteche dell’Emilia Romagna laboratori per filosofi apprendisti (www.filosofiapprendisti.it). Il contributo che riportiamo qui è pubblicato sul “sabato sera” del 20 maggio 2021.
La pandemia ha segnato una brusca interruzione della vita alla quale ciascuno di noi era abituato, degli incontri e dei gesti consueti, dei quali, a quasi un anno e mezzo dall’inizio dell’emergenza sanitaria, ci stiamo lentamente e goffamente riappropriando. Un anno è trascorso non senza lasciare traccia; in certi casi è avvenuto un profondo mutamento nelle nostre relazioni, nel nostro modo di frequentare il mondo. Oggi il ridimensionamento della paura va di pari passo con la costruzione di nuove abitudini, con il sedimentarsi di nuovi automatismi.
Per i bambini e per gli adolescenti l’emergenza ha significato, quando non la perdita di una persona cara, la presa di coscienza di una responsabilità nei confronti degli adulti, esposti più di loro ai rischi del Coronavirus, la familiarità con immagini di ospedali e ambulanze, e soprattutto il passaggio della scuola alla didattica a distanza, con tutte le criticità che ciò ha comportato, delle quali non si parlerà mai abbastanza.
Offrire ai bambini e agli adolescenti la possibilità di confrontarsi tra loro e con gli adulti su ciò che è accaduto e sta accadendo è uno dei mezzi più importanti che abbiamo a disposizione per comprendere e per dare spazio alle loro idee, ai loro sentimenti, al loro smarrimento. Ma non solo: l’imprevisto di fronte al quale la pandemia ci ha gettati impone una riflessione più generale sulla costruzione della capacità dei bambini e dei ragazzi al dialogo, alla formulazione delle loro idee, all’ascolto. Quali sono gli strumenti che vogliamo fornire ai bambini perché possano non soltanto subire ciò che accade, ma ricomprenderlo nella riflessione, averne consapevolezza?
Qualcuno ha detto che il filosofo è un eterno principiante, perché il suo compito è rinnovare continuamente la riflessione su ciò che è intorno a lui, sugli eventi e sulle emozioni che corrono più veloci del pensiero stesso. Forse, però, questo è un compito che riguarda ciascuno di noi, non soltanto il filosofo di professione: allenare i bambini a cogliere la complessità del mondo è il dono più potente che l’educazione abbia da o rire.
La filosofia con i bambini favorisce l’attenzione critica, il rispetto dei punti di vista altrui, la fiducia nell’argomentazione e nella parola, nella possibilità di capire e di essere capiti. Nel mio lavoro con i bambini, ho imparato che la pratica filosofica è anche un allenamento ad accogliere il mistero, a governare lo smarrimento che esso impone, attraverso l’uso condiviso della parola. In uno dei laboratori di filosofia che porto nelle scuole e nelle biblioteche, propongo ai bambini un’interrogazione su tutto ciò che essi saprebbero insegnare a un viaggiatore extraterrestre in visita sul nostro pianeta. I bambini parlano dell’esistenza di Paesi e confini, della scuola, degli animali, dei mezzi di trasporto, del corpo umano, dell’uso dei vestiti, dei sentimenti, del lavoro, dell’ironia e dell’amicizia.
Cerchiamo poi di organizzare insieme queste conoscenze, costruendo una sorta di atlante della Terra, un grosso libro dalle pagine sempre meno bianche, che mi ha seguita in diversi viaggi. È un atlante che non sarà mai davvero finito, e i bambini lo sanno. Ma, come ha scritto Edgar Morin, comprendere che «c’è dell’incomprensibile» non significa arrendersi alla confusione: al contrario, è uno degli aspetti di quell’«imparare a imparare» su cui oggi a ragione insistono tanto le linee guida della scuola.
Significa provare a dare voce alla complessità. È una sfida difficile, ma che ci impegna come un dovere e come una possibilità, per i bambini di oggi, per gli adulti che diventeranno.
Prisca Amoroso
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