Coronavirus, continua la battaglia dei gestori delle piscine: «Decreto riaperture da rivedere»
Continua in Emilia Romagna la battaglia dei gestori delle piscine per arrivare ad un quadro delle riaperture che consenta la sopravvivenza economica degli impianti natatori della regione, in gran parte pubblici e gestiti da associazioni e società sportive.
Alla luce delle indicazioni contenute nel nuovo decreto sulle riaperture rimangono infatti dubbi sull’attività al coperto (consentita dal 15 maggio), per cui non ci sono indicazioni normative, e sui 10 metri quadrati di distanza fra gli utenti per le piscine all’aperto ipotizzati (mentre i protocolli attuali ne raccomandano 7). Norme che rendono impossibile la sostenibilità economica di impianti di prossimità, a costi bassi, che garantiscono salute e danno lavoro, in un ambiente ostile al Coronavirus per l’alto livello di misure di igienizzazione da sempre messe in campo. Per questo motivo Uisp Emilia-Romagna ha coordinato un tavolo di lavoro sull’impiantistica natatoria raccogliendo la voce di 65 impianti, tra cui Ortignola gestita da Deai srl Imola, Ozzano e Castel San Pietro (curiosamente però non Medicina) in rappresentanza del 60% degli impianti coperti in regione.
«Sono 147 le piscine di proprietà degli Enti Locali in Emilia-Romagna; di queste 81 sono le piscine pubbliche coperte. A causa del Covid-19, non possiamo svolgere la nostra attività e molte Amministrazioni Comunali proprietarie degli impianti sono restie a rinegoziare un piano economico-finanziario che dovrebbe essere assicurato dall’Ente, non rientrando la pandemia nel rischio d’impresa, come definito dalle normative vigenti – si legge nel documento sottoscritto da tutti i gestori -. Dietro alle nostre società di gestione, società sportive e associazioni ci sono persone che hanno fatto di questa difficile missione il loro lavoro, si sono indebitati, hanno investito per migliorare la qualità del servizio. Stiamo parlando di 1.500 lavoratori fissi più un migliaio di stagionali estivi, e di oltre 5 mila istruttori e allenatori che collaborano per assicurare la continuità del servizio e sono cittadini, al pari di tutte quelle persone che godono delle attività sportive fruibili nei nostri impianti. La gestione delle piscine pubbliche si basa storicamente su tariffe basse con un numero elevato di frequentatori, a fronte di costi fissi molto elevati ma soprattutto poco comprimibili e un’altrettanto elevata complessità gestionale, legata al mantenimento di scrupolosi protocolli sanitari. Questa situazione, impattando con i problemi e le chiusure derivanti dalla pandemia, ha portato l’intero comparto ad una crisi drammatica: sulla base dei dati raccolti possiamo stimare che la perdita per l’intero comparto delle piscine pubbliche coperte si aggiri nel 2020 su circa il 40% in meno del fatturato dell’anno precedente e che, negli ultimi 6 mesi di lockdown, da novembre 2020 ad aprile 2021, esploda al 90% in meno. Il disavanzo medio per ogni impianto in questi 14 mesi di pandemia è pari a centinaia di migliaia di euro. In questi 14 mesi ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo apportato significative modifiche per rendere i nostri impianti sicuri, abbiamo studiato i protocolli e interloquito con le istituzioni. Abbiamo usufruito degli esigui ristori (meno dell’1% per chi è stato fortunato) e abbiamo accumulato debito. Noi chiediamo che la riapertura degli impianti sia definita da protocolli di buon senso che garantiscano sicurezza e sostenibilità economica (è ingestibile economicamente aprire un impianto al 30% della sua capienza e con 10 metri quadrati di distanza fra ogni utente) e accompagnata da detrazioni fiscali, sgravi su utenze, blocco delle accise, imposte differite e da una norma che vincoli i Comuni a ridefinire con i gestori i piani economici finanziari con allungamento convenzione e ridefinizione dei costi. Se non si verificassero le condizioni che abbiamo elencato, non avremo alternative e saremo costretti a restituire gli impianti ed esigere la restituzione degli investimenti fatti. Così, invece di discutere di riaperture e di progressivo ritorno alla normalità, nel nostro caso si discuterà di chiusure definitive e di impianti natatori pubblici destinati a diventare cattedrali nel deserto, luoghi non più sede del benessere delle persone ma cimiteri dell’incuria e dell’abbandono». (r.cr.)
Nella foto: la piscina comunale di Castel San Pietro