Covid, adolescenti e la paura di non essere se stessi, parla lo psicologo Mittino
Filippo Mittino è psicologo, psicoterapeuta, scrittore. Da tempo si occupa di ricerca nel campo dell’età evolutiva attraverso lo studio e la pratica: sportelli d’ascolto, orientamento, educazione relazionale affettiva, formazione per insegnanti e altre figure che hanno a che fare con i giovani.
Pubblica articoli e libri: con Bacchilega Junior ha scritto, a quattro mani con Antonio Ferrara, Visti di profilo, un giallo ambientato a scuola che prevede, appunto, l’intervento dello psicologo scolastico. L’intervento che proponiamo qui è stato pubblicato sul settimanale «sabato sera» del 22 aprile 2021.
In questi mesi abbiamo sentito parlare molto di Didattica a distanza, in un primo tempo vissuto come l’unico modo per gestire un’emergenza sanitaria della quale sapevamo troppo poco, ora come strumento di prevenzione per evitare il moltiplicarsi dei contagi. Chiaramente, però, è stato anche un nuovo modo per bambini e ragazzi di vivere l’esperienza scolastica. Un cambiamento non da poco se pensiamo che l’apprendimento scolastico è un’esperienza che dà i suoi frutti grazie alla relazione che si instaura tra alunno e insegnante e tra il gruppo dei compagni.
Se focalizziamo l’attenzione sugli adolescenti la questione si complica, loro sono in una delle fasi più delicate e importanti dell’esistenza: stanno cercando la loro identità. Sono quindi impegnati su più fronti oltre che su quello dell’apprendimento.
La scuola, a loro, serve anche per portare a compimento i compiti evolutivi. Spesso tra quelle mura coltivano le loro relazioni amicali e amorose: cercano cioè di comprendere cosa significa stare in relazione con un’altra persona diversa da sé.
Collegato a questo compito c’è quello di riuscire a comprende le proprie emozioni e quelle dell’altro, allenando così le capacità empatiche fondamentali per muoversi tra le trame della vita. Iniziano anche a diventare autonomi, mettono in pratica gli insegnamenti ricevuti sino a quel momento per poter essere capaci di svolgere alcuni alcune attività quotidiane da soli. E, ultimo compito, formulano i loro primi pensieri sul futuro, sul diventare adulti. Il denominatore di tutti questi passaggi evolutivi, se ci pensiamo bene, è la possibilità dell’adolescente di compiere delle scelte così da poter vivere quelle situazioni che a suo parere possono maggiormente aiutarlo nel raggiungimento dei suoi obiettivi di crescita.
Il virus ha tolto loro la possibilità di scegliere, sono costretti a vivere situazioni gestite dalle norme proposte da un decreto: le uscite, gli orari, le attività scolastiche ed extrascolastiche. In un recente lavoro di scrittura per emozioni svolto coi ragazzi delle seconde di una scuola secondaria è emersa come tematica centrale la paura di non riuscire a essere se stessi. Effettivamente come abbiamo visto la non-possibilità di scegliere incide sulla sperimentazione di sé e quindi può dar voce alla paura di sentirsi estranei a sé.
Da adulti che stanno accanto agli adolescenti in questo tempo che momentaneamente ha congelato i loro compiti evolutivi potrebbe essere importante tenere vivo in loro il desiderio di fare attività ed esperienze al di fuori delle mura domestiche. Questo perché il rischio è che si adattino a questa nuova situazione, ma sappiamo che se non coltiviamo il nostro senso di efficacia nel mondo esterno lasciamo lentamente spazio a sentimenti di tipo depressivo. Ed è per questa ragione che bisogna anche tenere costantemente monitorato il loro stato emotivo. In sintesi, all’adulto tocca il complicato compito di mantenere viva nella mente dell’adolescente la speranza di un futuro possibile e pensabile.
Filippo Mittino
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