Giovane investito e ucciso a Imola, la madre dopo la sentenza: «Non c’è stata giustizia, mi sento discriminata»
Non si è fatta attendere la replica degli avvocati che tutelano i familiari di Mohamed Amine El Fatine, il giovane di 24 anni investito e ucciso in gennaio in via Mameli in centro a Imola da Vincenzo Iorio, condannato con rito abbreviato a 8 anni e 2 mesi (la Procura aveva chiesto 16 anni).
«Pur essendo soddisfatti del fatto che l”impianto giuridico sostenuto da noi e dalla Procura sia stato confermato, essendo stato riconosciuto l’omicidio volontario, siamo rimasti sorpresi dalla esigua entità della pena – dicono gli avvocati Gino Salvatori e Bahija Afouzar, che difendono la madre e la sorella, costituitesi parti civili –. In particolar modo, sembrerebbe che quella che inizialmente veniva considerata dalla Procura e dal giudice per le indagini preliminari, che aveva disposto la misura cautelare in carcere, una circostanza aggravante (il futile motivo), sia finita per diventare una circostanza attenuante. Ricorreremo in appello auspicandoci che lo stesso faccia anche la Procura.
Anche la madre di El Fatine, la signora Fidi Khadija, ha espresso il suo disappunto. «Quando mi hanno comunicato la sentenza, mi sono sentita ancora più straniera e discriminata nonostante questo sia il mio Paese. Ho sempre creduto nella giustizia, ma ritengo che questa volta non ci sia stata. Mi sento come se avessero ucciso mio figlio un”altra volta». (gi.gi.)
Nella foto la polizia in via Mameli dove è stato investito El Fatine (Isolapress)