Come i sindacati vedono la «fase 2»: «Nulla sarà come prima, se ne esce solo stando uniti»
La fase 2 «scaglionata» ha visto ripartire da lunedì 27 aprile le grandi aziende rivolte prevalentemente all’export e i cantieri pubblici su dissesto, scuola, carceri e edilizia residenziale pubblica. Le aziende devono dimostrare di rispettare i protocolli sulla sicurezza con un’autocertificazione e la comunicazione alla prefettura. I cantieri edili privati devono aspettare il 4 maggio, così come le altre imprese e il commercio all’ingrosso. Poi dal 18 toccherà ai negozi, mentre ristoranti e parrucchieri l’1 giugno. Questo è quanto ha deciso il Governo. Ma qual è la situazione reale nel nostro territorio l’abbiamo chiesto ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil dell’imolese, che hanno partecipato ai tavoli tecnici attivati a livello locale e metropolitano, in stretto raccordo con quello regionale. Sicuramente per il territorio si prospettano giorni difficili: dalla Cisl parlano di circa 90 mila lavoratori incassa integrazione nelle sue varie forme a livello metropolitano, i dati della Cgil, calati nel circondario di Imola (Medicina esclusa), vedono più di 16.500 lavoratori e 980 aziende coinvolte, dalle piccole realtà del commercio numerose ma con pochi addetti, alle ceramiche con migliaia di dipendenti.
«La fase 2 ora procederà per step – ragiona Mirella Collina, segretaria della Cgil di Imola -. Occorrerà rivedere le decisioni in base a come andrà nei prossimi mesi. Dobbiamo guardare avanti e cercare soluzioni insieme, aziende, associazioni dei commercianti e delle imprese, affinché ci sia una ripresa, seppur lenta. Siamo una regione che ha oltre il 40% di export ma forse dobbiamo cominciare a pensare a come investire internamente cercando di rifornirci nel territorio, aiutarci l’un con l’altro. Ci possono essere anche aziende che si riconvertono. Nel circondario imolese credo che le più grandi debbano pensare ad una solidarietà territoriale. Non possiamo stare fermi e dire “è tutto uno sfacelo”, se ne può uscire insieme».
«Chiudere tutto è stato più semplice che riaprire – commenta Danilo Francesconi, segretario generale Cisl Area metropolitana bolognese – ci si sta rendendo conto man mano di tutta una serie di difficoltà che riguardano non solo la sicurezza negli ambienti di lavoro ma di tutto quello che ruota attorno alla ripartenza, pensiamo al tema delle scuole e degli asili chiusi quindi della gestione dei bambini se i genitori ricominciano a lavorare, poi ci sono i servizi di trasporto. Vedo criticità in tutti i settori: com’è possibile garantire a tutti di utilizzare i trasporti pubblici rispettando il distanziamento? Andrà ripensato il layout organizzativo di moltissime aziende, per primo il sindacato dovrà cambiare».
«Il problema è la mancanza di liquidità e le banche si devono dare una mossa – dice senza mezzi termini Giuseppe Rago, segretario generale Uil Imola -. Poi si deve consolidare lo smart working sia nel pubblico che nel privato, intervenire con le compagnie di forniture di telecomunicazioni che stanno tenendo chiusi i rubinetti sulla banda con grosse difficoltà per l’utilizzo di internet anche nel nostro territorio. Poi c’è da affrontare il nodo del trasporto pubblico e scolastico in vista della riapertura delle scuole a settembre. Lo scenario che ci aspetta è quello del dopoguerra tutto distrutto, tutto da ricostruire e tutto differente, dovremo cambiare modo di vivere, lavorare, viaggiare, inventarci nuovi lavori». (l.a.)
L”articolo completo è su «sabato sera» del 30 aprile
Nella foto: Mirella Collina, Danilo Francesconi e Giuseppe Rago