Coronavirus, terapia intensiva e farmaci in un futuro ancora incerto
Igor Bacchilega è il direttore del Dipartimento di emergenza e accettazione dell’Ausl di Imola che comprende anche l’area critica e i letti di terapia intensiva che sono stati fondamentali nei momenti cruciali dell’epidemia, è stato creato anche un reparto sub intensivo denominato Ecu.
Ora che i ricoveri sono diminuiti, state tirando il fiato?
«Dopo il grandissimo impegno di marzo si stanno svuotando le terapie intensive anche a Imola. Abbiamo ampliato i posti letto quando c’è stato bisogno di dare risposta ai pazienti Covid e ora siamo già pronti per dare spazio ai pazienti nonCovid anche per le attività non urgenti che dovranno ricominciare. Il problema è che possiamo guardare cosa hanno fatto i Paesi dove la malattia è arrivata prima ma è difficile valutare gli scenari futuri».
Il reparto sub intensivo Ecu rimarrà?
«Dovremo valutare».
Possiamo però contare sui farmaci. Come sta andando con la sperimentazione off label (utilizzati non per il loro uso autorizzato) del tocilizumab? Ogni giorno sentiamo novità che sembrano mettere in discussione quanto detto il giorno prima.
«Ci siamo trovati davanti una malattia gravissima che comparta una polmonite instertiziale per la quale nessun farmaco sembrava davvero efficace. Noi abbiamo trattato con il tociluzumab 13-14 pazienti a Imola, quelli valutati come idonei; 8 sono migliorati mentre per altri 5 non abbiano notato giovamento. Sarà interessante capire meglio quando avremo un’analisi scientifica rigorosa su un campione rappresentativo, per ora abbiamo preso tutti decisioni su studi di pochi casi».
Adesso si parla dell’eparina.
«In realtà l’abbiamo sempre utilizzata, è un tipico farmaco di area critica, poi dopo gli ulteriori studi si è notato che in alcuni pazienti Covid si creano trombi diffusi ed è stato aumentato un po’ il dosaggio, ovviamente nei pazienti idonei».
L’intervista completa nel numero del Sabato sera del 23 aprile
Fotografia di Marco Isola/Isolapress