Il Montecatone Institute “riapre” con cautela e accoglie pazienti postCovid negativi di altri ospedali
La situazione sta progressivamente migliorando nel Montecatone Rehabilitation Institute Spa, l’ospedale imolese d’eccellenza nella cura e riabilitazione dei pazienti con mielolesioni e cerebrolesioni. Tanto che l’unità di crisi ha deciso di dare la disponibilità per accogliere pazienti post-Covid negativi al tampone. Saranno accolti in degenza post acuti o, sulla base di specifiche condizioni cliniche, in Area critica.
Come disposto dallo staff infettivologo di Bologna, saranno considerati e trattati come “sospetto fino a trenta giorni dal primo tampone negativo” precisano da Montecatone con una nota. Montecatone è sempre stata specializzata in riabilitazione respiratoria, per questo, si è messo a disposizione di tutte le strutture ospedaliere italiane che vorranno inviarci pazienti post-Covid.
Inoltre, per i degenti con effettive ed individuate necessità sarà consentito l’accesso di un caregiver o un familiare, con idonee protezioni e comportamenti, sotto la supervisione del personale di reparto, al fine di addestrarlo e programmare la dimissione del paziente.
Nei giorni scorsi sono ricominciate anche le attività riabilitative: nel parco della struttura, personalizzate in modalità uno a uno; “presto sarà aggiunta anche una postazione per il tennis tavolo” informano sempre dall’ospedale. E la sala informatica sarà riaperta con accesso individuale per i pazienti no Covid con la supervisione degli educatori professionali. Per quanto riguarda, i ricoveri in Day Hospital e le visite di valutazione, invece, i criteri di accesso saranno definiti nei prossimi giorni. L’ipotesi è ripartire dopo il 3 maggio.
Le settimane più impegnative per l’emergenza Coronavirus per Montecatone sembrano passate. Il focolaio riscontrato a metà marzo è stato gestito e circoscritto. Ad oggi, dopo oltre 300 tamponi, risultano positivi 8 pazienti e 11 operatori sanitari. Nella maggioranza dei casi riguardano un reparto sub-acuti del secondo piano dove sono stati trasferiti tutti i pazienti positivi trasformando un’area in reparto Covid. La struttura si è chiusa del tutto, spazi esterni compresi, a parenti e visitatori il 21 marzo. Ed erano stati dimessi tutti i pazienti dimissibili.
Gli operatori hanno dovuto rivedere fortemente l’attività in un lavoro che come spiega Nicoletta Cava, responsabile dell’Area assistenziale infermieristica, tecnica e riabilitativa, non può prescindere dal contatto: «La nostra attività è ad altissima intensità riabilitativa e poggia le fondamenta sull’integrazione tra i professionisti, sul lavorare insieme, anche fisicamente, stando molto vicini, anche ai familiari. È stata una rivoluzione».
«Con la chiusura è stata sospesa buona parte dei programmi di riabilitazione. Abbiamo gradualmente ripreso nelle sole stanze di degenza lavorando per priorità e con l’assistenza infermieristica di base e specialistica sempre garantita. Ora che le circostanze lo permettono – prosegue Cava – abbiamo inserito nella programmazione ulteriori attività da svolgere in camera e gradualmente in palestra. L’aspetto veramente innovativo è aver portato parte della riabilitazione all’esterno, nel parco e nel piazzale antistante l’ingresso principale, aree destinate alla socializzazione ora trasformate in luoghi privilegiati per una determinata tipologia di cure. Sono diventate una palestra all’aria aperta a tutti gli effetti».
Una metodologia di lavoro che si protrarrà ancora a lungo. «In principio d’emergenza la tensione, il timore del contagio e la necessità di essere quanto più efficienti pur in presenza di qualcosa con cui nessuno di noi si era mai confrontato, era percepibile e comprensibile – conclude Cava -. Ma è durato poco. Ha prevalso la capacità di reazione e adattamento di tutti con una disponibilità al servizio che è sempre andata oltre il richiesto. Non era poi così scontato». (r.cr.)