«Spigolature» di ciclismo, mi è andato in fuga il gruppo… (di Nino Villa)
Torna la rubrica «Spigolature» di ciclismo, mi è andato in fuga il gruppo del giornalista di «sabato sera» Nino Villa.
Giovanni Garau, il primo ciclista sardo a finire il Giro e ad ottenere buoni piazzamenti, ricorda il fratello comunista sindaco di Santa Giustina e amico di Enrico Berlinguer anche se lui poi, rifiutando 50.000 lire offerte da Bartali per correre nella San Pellegrino, ne accettò 30.000 più le spese da Franco Pretti che era stato segretario particolare del «bacciccione di Predappio» e andò a correre nell’Audax dove c’erano anche (a leggerli tra gli iscritti sullo Stadio sembrava il mantra dei più famosi Didìvavàpelè) Aru (forse lontano parente) e Pau, altre glorie isolane.
E’ tornato a casa Andrea Agostini, cinquantenne di Cesenatico e addetto alla comunicazione della squadra ciclistica World Tour «Uae Emirates» di Fabio Aru, Fernando Gaviria, Alexander Kristoff e Tadej Pogacar. Positivo al Coronavirus al termine della gara negli Emirati Arabi a fine febbraio, Andrea è rimasto 23 giorni in isolamento nel Cleveland Hospital di Abu Dhabi e finalmente dopo 12 tamponi è risultato negativo. Agostini lo conosco perché partecipava – e vinceva – ai campionati italiani dei giornalisti. Compagno di scuola e di squadre giovanili di Marco Pantani, racconta che la sua carriera di addetto stampa cominciò dopo una notte in discoteca quando, fermatosi contro un muretto «per necessità fisiologiche», come pudicamente si dice in tivù quando i ciclisti si fermano a fare pipì, Marco gli chiese: «Perché non vieni al Tour con me a farmi da addetto stampa?». Ha avuto anche un ruolo importante nell’organizzazione della «Nove Colli», portandola al livello attuale.
Da «Resistenza casalinga» di Marco Pastonesi. Riesumati appunti che riguardano Cino Cinelli da Montespertoli (2016-2000) e le battaglie con il quasi coetaneo Bartali, Coppi, Leoni, Vicini. Gareggiò per Frejus, Bianchi e Benotto, vinse tra l’altro altro tre tappe al Giro, una Sanremo, i giri di Lombardia, Lazio, Campania, Piemonte, una
Bernocchi e una Tre Valli. Finita l’attività, diventò imprenditore, inventando componenti per le bici da corsa, manubri, pedali, selle, reggisella che furono usate da campioni come Merckx e Gimondi. Al Giro del Lazio del ’41, valido per il titolo italiano, Bartali chiese al suo gregario De Benedetti: «Toglimi Cinelli…» e lui mi prese per una spalla in volata. Prese due mesi di squalifica ma io fui solo terzo dietro a Leoni e Bini. (Cino Cinelli). Cinelli ha una versione sua sul ritiro di Bartali dal Tour del ’50, quando fu attaccato fisicamente dalla tifoseria francese: in maglia gialla c’era Fiorenzo Magni che fu costretto da «Ginettaccio», come tutta la Nazionale, ad abbandonare. Binda, c.t. azzurro, chiese a Magni. «Mi assicuri di vincere?», ma lui rispose: «Ora sto bene, ma come faccio ad assicurare la vittoria finale?» e Binda obbedì agli ordini di Bartali, che non voleva Magni vincitore. Se «il leone delle Fiandre» fosse stato più deciso, forse sarebbe arrivato in giallo a Parigi. (n.v.)