Coronavirus: aziende chiuse e precari a casa, è l’emergenza dei nuovi poveri
C’è un dramma nel dramma che si manifesta in conseguenza non tanto dell’emergenza sanitaria, quanto delle misure decise dalle autorità per arginare il contagio: l’aumento delle persone e dei nuclei familiari sotto la soglia di povertà. Le attività costrette a chiudere e gli impieghi precari hanno tolto infatti la fonte di sostentamento a tante persone.
A fotografare la situazione sono le associazioni che operano per aiutare chi ha bisogno, a cominciare dalla Caritas diocesana, che non ha smesso di tenere aperto il suo centro di ascolto, nonostante la fatica per il minor numero di volontari a disposizione e l’obbligo di rispettare le prescrizioni anti-Coronavirus.
«Vediamo famiglie sempre più disperate – conferma il direttore, Luca Gabbi –. A volte le stesse, più disperate di prima, ma anche diverse nuove. Riceviamo moltissime telefonate e richieste di delucidazioni, non occorre essere profeti per capire che si prospettano momenti a dir poco delicati. I lavoratori precari, a chiamata e in nero sono tutti a casa e c’è una richiesta maggiore di viveri che arriva a No Sprechi. La ripresa economica degli ultimi tempi aveva aiutato molte fasce deboli che, ora che è tornata la secca, sono rimaste a piedi. Non parlo solo di chi lavorava in ristoranti e pizzerie, ma anche di alcuni commercianti e artigiani edili ora fermi».
Poiché la mensa è chiusa, la Caritas consegna i cestini con i pasti preparati dalla mensa Acli per il pranzo di mezzogiorno. Pasti che sono «quasi raddoppiati», aggiunge Gabbi. (mi.ta.)
Tutte le interviste sul numero del Sabato sera del 6 aprile
Nella fotografia di Marco Isola/Isolapress, il lavoro alla sede dell”associazione No sprechi