Coronavirus, la famiglia Gardenghi-Daghia da Parigi: «I francesi ignari per giorni, ora siamo dentro un film…»
Mi sento molto fortunata. Ho i migliori «compagni di apocalisse» che potessero capitarmi (il mio compagno, i miei due bimbi e una piacevole ragazza alla pari americana), una casa grande con un po’ di giardino e tanti libri, e un lavoro relativamente semplice da telelavorare senza perdere lo stipendio. L’unica cosa che cerco di evitare è di pensare a quanto durerà questa situazione, e a cosa succederà dopo.
Del resto, tra lavorare, fare scuola a mio figlio grande (prima elementare, Cp in Francia) e organizzarsi per essere il più possibile autosufficienti, di tempo per riflettere ne resta poco.I giorni più strani sono stati quelli tra il 9 e il 13 marzo, quando l’Italia era già in lockdown, mentre qui in Francia tutto sembrava andare avanti come prima. Come molti italiani, io mi ero resa conto da alcuni giorni della gravità della situazione, e cercavo disperatamente di farla capire ai colleghi francesi ancora ignari (complici i media francesi, che prendevano ancora molto sotto gamba la situazione). (Federica Daghia)
L’articolo completo su «sabato sera» del 9 aprile. Se come la famiglia Gardenghi-Daghia siete originari di Imola o dei comuni del circondario e vivete all’estero inviateci la vostra storia a redazioneweb@sabatosera.it
Nella foto: pizza fatta in casa per la famiglia Gardenghi-Daghia e la ragazza alla pari americana che ospitano