Giovane investito e ucciso a Imola, Vincenzo Iorio esce dal carcere ed è agli arresti domiciliari
Dopo quasi tre mesi è uscito dal carcere e da ieri sera, giovedì 2 aprile, si trova agli arresti domiciliari. Si tratta di Vincenzo Iorio, 43 anni, accusato di omicidio volontario (senza l’aggravante dei futili motivi) per aver investito nella serata del 5 gennaio in via Mameli con la Jeep, di proposito, Mohamed Amine El Fatine, 24 anni.
La misura dei domiciliari, tra l’altro, arriva a stretto giro dal primo detenuto della Dozza deceduto dopo essere stato trovato positivo al Coronavirus. All’origine di tutta la vicenda ci sarebbe la rapina di un iPhone subita dal figlio 17enne di Iorio pochi giorni prima che, stando a quanto denunciato da padre e figlio alla polizia, sarebbe stata messa in atto proprio da El Fatine con la minaccia di un cacciavite (fatto rigettato dai legali della famiglia di El Fatine). Un episodio al quale è seguita, il 3 gennaio, una violenta lite in via Appia nel corso della quale il 43enne e il 24enne sono arrivati pesantemente alle mani (il giovane ne era uscito con una prognosi di 10 giorni per ferite medicate in pronto soccorso, mentre Iorio era stato denunciato per lesioni dalla polizia). «Abbiamo presentato un’istanza per un alleggerimento della misura cautelare e siamo soddisfatti di quanto deciso dal gip – commenta il legale di Iorio, Luca Sebastiani –. Ora ci concentreremo sul processo. Il mio assistito è più sereno».
Le indagini, coordinate dalla pm felsinea Anna Maria Cecilia Sessa, però, sono ancora in corso perché vi sono diversi punti da chiarire. Iorio ha sempre sostenuto che, in quel vicolo del centro storico, non aveva intenzione di uccidere El Fatine, bensì di volerlo solo bloccare per dirgli di lasciare in pace il figlio, perché, a suo dire, avrebbe continuato a minacciare il figlio. Nella concitazione del momento, però, ha sbagliato la manovra, centrando il giovane con la Jeep. Sulla dinamica dell’investimento è stata disposta anche una perizia cinematica. «Siamo ancora in attesa dell’esito della perizia e di quello dell’autopsia» conclude l’avvocato. (gi.gi.)