L’inquinamento da polveri sottili può agevolare la diffusione del Coronavirus? Per il prof medicinese Leonardo Setti sì
L’inquinamento da polveri sottili (Pm10 e Pm 2,5) può agevolare la diffusione del Coronavirus? Per il medicinese Leonardo Setti, professore di biochimica industriale all’Università di Bologna, la risposta è sì. È questa almeno la conclusione a cui giunge la relazione realizzata da un gruppo di ricercatori delle Università di Bologna, Bari, Milano e Trieste e della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima).
L’idea è venuta proprio a Setti che, assieme ai colleghi, incrociando i dati sull’inquinamento forniti dall’Arpae con quelli sulla diffusione del contagio da Covid-19, ha realizzato una mappa che evidenzia come la Pianura Padana, area con l’inquinamento atmosferico maggiore, è anche quella dove il virus si è diffuso maggiormente. “Nel mese di febbraio ci sono stati quattro picchi di sforamento di polveri sottili – spiega Setti –. Questo, considerando i 14 giorni di incubazione del virus, può aver esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia nella Pianura Padana”.
Non solo. Le polveri sottili fungerebbero da vettore del virus, rendendo vana la distanza interpersonale di sicurezza, pari a un metro. «Le goccioline che escono dalla nostra bocca sono più piccole di 5 micron – spiega Setti –. Hanno dimensioni simili al particolato e, assieme ad esso, possono formare degli aggregati che stabilizzano e trasportano le goccioline anche per 10-15 metri». L’analisi dei ricercatori si ferma alla prima settimana di marzo. «Lo scopo della nostra ricerca è consentire alla comunità scientifica di investigare questo fenomeno e dibatterne per trovare soluzioni» conclude. (gi.gi.)
Nella foto: a sinistra il professor Leonardo Setti