Coronavirus, il presidente dell’Imolese Spagnoli: «Il calcio doveva fermarsi definitivamente»
Fra i luoghi comuni che il Coronavirus ha spazzato via c’è anche quello relativo al «chi si ferma è perduto». Mai così smentito come in questo momento, dove semmai è vero l’esatto contrario; e cioè chi si ferma (forse) si salva. E quello che vale per la quotidianità di ognuno di noi, vale anche per lo sport, che contro il nemico invisibile non ha altra alternativa che fermarsi. Il mondo del calcio, dopo incertezze e titubanze legate per lo più a convenienze di parte, si è finalmente, e diciamo pure doverosamente, adeguato alla richiesta che lunedì il Coni aveva proposto al Governo, e che quest’ultimo ha decretato in serata, e cioè di sospendere tutte le attività sportive di ogni livello sul territorio nazionale fino al 3 aprile 2020. Sperando in questo modo di contribuire ad evitare ulteriori contagi.
Almeno fino ad allora l’Imolese non scenderà in campo, saltando dunque la trasferta di domenica 15 marzo a Carpi e tutte le successive partite ricalendarizzate recentemente. Giunti a questo punto e con una situazione che non lascia presagire nulla di buono, le domande sul cosa potrà succedere dopo il 3 aprile si susseguono in maniera incalzante. Trovare le risposte ora è impossibile, anche se c’è chi, come Lorenzo Spagnoli, presidente dell’Imolese, ha un’idea molto chiara sul cosa si dovrebbe fare.«Bisognava fermarsi definitivamente – ha detto il numero uno della società rossoblù -. Siamo nel bel mezzo di una emergenza mondiale e pen- sare di tornare a giocare fra meno di un mese mi pare del tutto assurdo. Non so la serie A, che è un altro mondo, ma in C il calcio può tranquillamente fermarsi. Se succede non è la morte di nessuno. Ci sono cose molto più importanti delle quali occuparsi adesso. I contagiati crescono, le borse crollano e la gente in testa ha tutt’altro che il pallone». (a.d.p.)
L’articolo completo su «sabato sera» del 12 marzo.
Nella foto: Lorenzo Spagnoli