La vita in «Una mano», lo spettacolo scritto e interpretato da Paolo Facchini raccontato da lui stesso
Paolo Facchini dice spesso che la sua vita è come un film. Una vita, in effetti, segnata da una rinascita. Prima c’erano solo il lavoro e i tanti viaggi su e giù per l’Italia come manager di un’azienda farmaceutica veterinaria. Poi, nel 1999, l’episodio che gli ha cambiato l’esistenza: un incidente in auto seguito da un coma lungo trentacinque giorni, «che dal 2 novembre si arriva a dicembre» dice. Da quel punto nulla è stato più come prima. Ecco perché ha deciso di mettere in scena la propria vita con uno spettacolo teatrale scritto da lui stesso, dal titolo «Una mano». Uno spettacolo di vita vera con un messaggio di positività nei confronti della stessa.
All’inizio, infatti, Paolo è solo sulla scena. Parla, racconta, a tratti spaventa il pubblico con la durezza delle sue parole, a tratti ci scherza. «Mi sono liberamente ispirato al dramma Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello per la pluralità delle voci che pur sembrando diverse fanno parte di una storia unica – racconta Facchini -. Mi è sembrata la storia dell’associazione “Gli Amici di Luca”, che si occupa di risvegli dal coma e con cui ho iniziato le prime esperienze teatrali che mi hanno portato fino all’ambitissimo Leone d’argento per l’innovazione teatrale vinto a Venezia con il Pinocchio della compagnia Babilonia Teatri. Mosso da queste ispirazioni mi sono deciso a scrivere il mio spettacolo, per raccontare come ci si può costruire una vita nuova, sempre».
Lo spettacolo di Facchini è essenzialmente un monologo, ma grazie ai contributi video dei tanti personaggi intervistati diventa anche un album di storie positive di vita vera; protagoniste della scena non sono le disabilità dei personaggi ma la loro capacità di vivere una vita piena. «Mi piacerebbe metterlo in scena a Imola, la mia città, al teatro Ebe Stignani», auspica il regista-attore. (mi.mo.)
L”articolo completo è su «sabato sera» del 21 novembre
Nella foto da sinistra: Ambra Lenini, don Massimo Martelli e Paolo Facchini