Nel nord Italia crolla la produzione di olive
Mentre si prevede un calo mediamente del 9% della produzione di olio d’oliva in Europa, nel 2019 rispetto al 2018, in Italia si stima un raddoppio della produzione (da 175 mila tonnellate a 350 mila). Lo mette in evidenza il report sul comparto olivicolo del Centro studi di Confagricoltura, sulla base delle previsioni dell’Unione europea, presentate a Bruxelles.
Ottima la qualità per la Cia-Agricoltori italiani, il Consorzio nazionale Italia olivicola e per l’Associazione italiana frantoiani oleari (Aifo), che però mettono l’accento sui dati negativi relativi alla quantità dell’olio prodotto in Emilia Romagna (-50%) dovuti alla ciclicità che caratterizza la produzione olivicola e al ritardo della fioritura causata dalle basse temperature di inizio primavera.
Un segno ulteriormente peggiorativo se ci si limita poi al solo territorio coperto dalle nove aziende aderenti alla Rete olio extravergine felsineo. «Un meno 60, 70 per cento», quantifica Ermanno Rocca, produttore e presidente della rete di imprese che a breve cambierà il proprio nome in Rete olio extravergine olio di oliva Colli di Bologna.
Ma se la quantità è poca, almeno la qualità è elevata. Raccolta del prodotto a parte, questa è l’occasione per parlare di un olio territoriale dal sapore amaro e piccante, fruttato medio intenso, che raccoglie in particolare, in circa 170 ettari di terreno, le cultivar regionali Nostrana, Leccino, Correggiolo e Frantoio.
«Anche nelle colline bolognesi ci sono gli ulivi – ricorda Rocca – e danno un ottimo prodotto». Anzi, le piante di ulivo ci sono sempre state e a documentarlo si possono consultare carte che risalgono al XIII secolo. Poi, la miniglaciazione di inizio Settecento ha fatto seccare gli alberi e si è passati ad altre coltivazioni. (al. gi.)
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