I prodotti biologici piacciono sempre di più agli italiani, anche nei supermercati spazi appositi per ciò che è «bio»
Il 52% degli italiani sarebbe disposto a comprare sempre cibo biologico per favorire un’agricoltura sempre più ecosostenibile e rispettosa dell’ambiente. E’ quanto emerge da una ricerca Swg. Una tendenza comportamentale confermata dai dati presentati in occasione della conferenza stampa di presentazione della 31ª edizione del Sana, il Salone internazionale del biologico e del naturale che si è tenuta nel quartiere fieristico di Bologna dal 6 al 9 settembre (un migliaio gli espositori, su una superficie espositiva di 60 mila metri quadri suddivisi in 6 padiglioni).
I dati forniti alla stampa dicono che è in aumento la superficie agricola nazionale destinata alla coltivazione biologica e che sono in aumento le vendite dei prodotti bio in Italia. «Per il biologico non parliamo più di moda passeggera da almeno trent’anni – conferma Fabrizio Piva, amministratore delegato del Ccpb, l’organismo di certificazione e controllo di prodotti biologici -. Anzi, siamo di fronte ad una produzione ormai matura, tant’è che il consumatore dà per scontato che si può trovare di tutto con il marchio bio». Insomma, una affermazione di cui si sono accorti anche iper e supermercati. «Tutta la grande distribuzione organizzata sta puntando sul biologico per attrarre consumatori – conferma ancora Piva -. Espone i prodotti bio sugli scaffali riservandogli spazi appositi. E più lo propone, più ne incentiva la sua diffusione e quindi il consumo». Ma è veramente tutto oro quello che luccica? «Niente affatto – ammette l’amministratore delegato del Ccpb -. Il modello produttivo e le tecniche di produzione sono ferme a trent’anni fa. Così come c’è molto da fare per migliorare la divulgazione e l’assistenza tecnica. Ci sono aspetti agronomici mai risolti, mai affrontati. Bisogna fare un salto di qualità».
Ma vediamo cosa pensano alcuni nostri produttori che si sono convertiti. Carlo Morini conduce circa 45 ettari di terreno coltivato a vite, cereali e frutta estiva. Dal 1999 l’Azienda agricola Polenghe di Imola, di cui Carlo è titolare, è certificata per l’agricoltura biologica e dal 2015 è condotta secondo l’agricoltura biodinamica. Modalità quest’ultima che condivide con quella biologica i medesimi principi base, cioè il rifiuto di utilizzare sostanze chimiche, l’attenzione all’ambiente, la rotazione delle colture, ma diversa perché regolamentata in modo differente. «Non basta più essere biologici, occorre fare un passo ulteriore – dichiara con fermezza Morini- perché è nostro dovere di produttori agricoli impattare il meno possibile sull’ambiente ed essere ecosostenibili al massimo». Il biologico, quindi, come punto di partenza e non di arrivo. «E’ l’unica possibilità per l’agricoltura del domani -dice ancora Morini -. Lo chiede anche il mercato europeo e i cittadini premiano questa scelta, come dimostra l’aumento dei consumi di questo settore. Certo, è un processo lungo e complesso, dobbiamo sottostare agli umori della natura più di altri, ma il premio è grande. E’ poi è una scelta che dobbiamo fare anche peri nostri figli, perché dobbiamo lasciare loro in eredità un ambiente migliore, più vivibile. Ecco perché il biologico dovrà diventare quello che oggi è il convenzionale». (ale.gio.)
L”articolo completo è su «sabato sera» del 5 settembre
Nella foto Fabrizio Piva, amministratore delegato del Ccpb, l’organismo di certificazione e controllo di prodotti biologici