Crisi Wegaplast, depositata al Tribunale di Bologna di ammissione al concordato preventivo
I debiti accumulati, e la conseguente carenza di liquidità con cui la Wegaplast sta facendo i conti da un po’ di tempo a questa parte, hanno spinto il Consiglio di amministrazione della storica azienda di via I Maggio, specializzata nello stampaggio di articoli in plastica, ad inasprire le contromisure messe in campo da inizio 2019 per tornare ad una situazione di tranquillità finanziaria e produttiva. Lunedì 1 luglio ha infatti depositato presso il Tribunale di Bologna la richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo secondo quanto previsto dall’ex articolo 161, comma VI, della legge fallimentare (il cosiddetto concordato «in bianco»), al fine di poter predisporre un piano da sottoporre ai creditori. Oppure, in alternativa, ottenere la ristrutturazione del debito ai sensi dell’articolo 182/bis, primo comma, sempre della legge fallimentare.
Quella che si sta giocando è una partita non priva di incognite, e di insidie, il cui risultato positivo è tutt’altro che scontato e tutto da guadagnare. E in via I Maggio ne sono consapevoli. Ma la determinazione pare non mancare. «La Wegaplast intende preservare i propri asset di valore e, in parti-colare, la continuità aziendale, garantendo che le attività produttive e commerciali proseguano regolarmente sulla base dei contratti in essere e, conseguentemente, venga preservata l’occupazione ai massimi livelli compatibili con il piano», spiega la proprietà.
Una storia aziendale, quella di Wegaplast, iniziata nel lontano 1952, a Imola, col nome di Impi. Oltre sessant’anni trascorsi da contoterzisti sull’ottovolante del mercato, producendo per settori diversissimi e adattandosi alle necessità dei clienti. Vivendo momenti di indubbio prestigio, come la collaborazione con il gruppo Castelli, allora leader mondiale dell’arredo per uffici, sfociata nella realizzazione di modelli di design (su tutti la famosissima sedia Pilia, esposta al Museum of Modern Art di New York). O come la creazione degli stampi per i seggiolini da installare negli stadi italiani che ospitarono le partite dei mondali di calcio del 1990 e lo stampaggio delle sedute che vennero poi montate all’Olimpico di Roma, San Siro di Milano, Marassi di Genova e San Paolo di Napoli.
Momenti belli alternati a momenti bui, come la grande crisi planetaria iniziata nel 2008 che fece scomparire commesse e clienti dall’oggi al domani. Oltre mezzo secolo trascorso tuttavia in un continuum produttivo che ha comunque permesso alla Wegaplast di passare da piccola realtà da 15-20 addetti qual era nel 1952 ai 115 attuali (ma in un recente passato sono stati anche molti di più). L’attività di Wegaplast si basa fondamentalmente sullo stampaggio di materiali termoplastici per conto terzi e sullo sviluppo di tecnologie ad esso dedicate, ad iniziare dalla costruzione degli stampi per lo stampaggio degli articoli.
Lo stabilimento principale è situato nella frazione dozzese di Toscanella. Però, in ossequio al mantra aziendale («Resistere oggi non basta, bisogna reagire», spiegava nel 2015 Massimo Ponzellini), Wegaplast ha reagito alle difficoltà rilanciando gli investimenti. Ha aperto uno stabilimento nella vicina zona industriale di Budrio. E come fanno un po’ tutte le aziende contoterziste in tempi di globalizzazione, quando i clienti importanti delocalizzano le produzioni all’estero bisogna seguirli. Così nel 2013 Wegaplast ha costituito una società in Polonia (Wega Polska), con l’ambizione di aprirne anche una seconda. Più una girandola di acquisizioni di partecipazioni in altre società: come la Pcr di Bernareggio e la Energy glass di Cantù, a cui ha conferito il ramo d’azienda (bre-vetto e impianti) per la produzione di Wegalux, la tegola fotovoltaica progettata in casa. Molti investimenti che, unitamente alla insufficiente redditività dell’attività contoterzistica, hanno però finito per appesantire via via i conti aziendali, complicando il rapporto con i fornitori di materie prime, fondamentali per garantire la continuità produttiva quotidiana e rendendo necessario il varo, a inizio anno, di un piano di ristrutturazione e di rilancio. (r.cr.)
L”articolo completo è su «sabato sera» del 4 luglio
Nella foto esterno della sede Wegaplast a Toscanella
In realtà è dalla fine dello scorso anno che i fornitori non venivano più pagati, e l’attività produttiva è ridotta ormai al lumicino.
La nuova proprietà entrata all’inizio di quest’anno si è limitata a tagliare personale, compito facilitato dal fallimento dell’Eurocoop Service che da solo ha ridotto di 48 unità il personale in produzione.
Se Wegaplast non dovesse riuscire nemmeno in questo 2019 chiudere un bilancio con profitti, che Dio salvi i lavoratori ancora rimasti.
Ho un amica che lavora lì…mi.ha detto che chiude l’azienda