Confcooperative, il neopresidente Luca Dal Pozzo: «Imola sta perdendo la capacità di fare leadership»
Luca Dal Pozzo, presidente del gruppo cooperativo sociale Solco Imola, è stato eletto presidente di Confcooperative del circondario imolese, prendendo il posto di Giovanni Bettini, presidente della Clai. La struttura associativa subprovinciale è costituita da una quarantina di realtà che contano 8.000 soci, 3.000 addetti, un patrimonio di oltre 400 milioni di euro e capaci di sviluppare un fatturato di circa 600 milioni di euro (con una quota legata all’export del 30%).
Ad aprile 2018 è stato confermato per altri quattro anni presidente di Federsolidarietà Emilia Romagna. Allora disse: «La società odierna, nel pieno di un cambiamento epocale, ha bisogno ancor più di prima di cooperazione sociale. In questi 30 anni dal riconoscimento legislativo delle nostre imprese abbiamo saputo dare risposte alle necessità emerse nei territori della regione. Ora però siamo chiamati a un cambio di passo: non essere più solo fornitori di servizi e di manodopera alla committenza pubblica, ma sempre più co-protagonisti nella progettazione delle politiche di welfare, aperti alle sfide del mercato».
«In quell’occasione facevo riferimento ad una visione più regionale, in cui Imola peraltro si distingueva per avere maggiormente sviluppato il proprio welfare locale attraverso meccanismi di sussidiaretà, in cui il privato, in particolare la cooperazione sociale, ha saputo esprimere una propria capacità di offrire servizi sia in una logica di domanda sussidiata dal pubblico, sia in una logica totalmente privata. Una peculiarità poco riscontrabile altrove, perché la storia della nostra regione ha visto un prevalente intervento nel welfare con denaro pubblico. Imola, invece, ha saputo creare nel tempo un sistema solidaristico a cui concorrono la componente pubblica e quella privata nelle sue varie componenti. Un modello, quello imolese, che ha funzionato bene e che, a mio parere, meritava di essere copiato. Di qui la mia esortazione di un anno fa».
Si torna sempre lì: alla capacità che Imola ha saputo esprimere, anche in tempi recenti, nell’elaborazione di propri modelli distintivi e di successo. Però Imola ha perso la sua centralità tra l’Emilia e la Romagna, divenendo periferia dell’area metropolitana di Bologna da un lato e della Romagna agroalimentare dall’altro…
«La progressiva perdita della capacità di fare leadership è palpabile. Però, nel dare un giudizio, una cosa è il sistema territoriale e una cosa sono le singole realtà che qui hanno sede. Imola, storicamente, è sempre riuscita a promuoversi e ad accreditarsi come sistema territoriale. Ebbene, oggi il sistema Imola è in affanno. E’ evidente a molti, se non a tutti. Diversamente, se guardiamo alle singole eccellenze, queste si sono integrate o si stanno integrando positivamente coi due sistemi limitrofi: quello bolognese e quello romagnolo. Però l’integrazione delle singole realtà porta benefici limitati alla loro sfera di intesse e non all’intero territorio. Il che è un limite».
Quale priorità per il territorio imolese?
«La sanità, con tutto il welfare che ci sta dietro, è sicuramente un fattore competitivo che Imola deve preservare perché non è accettabile che ci si debba recare a Ravenna, a Faenza o a Bologna non per necessità specialistiche bensì per ricevere prestazioni ordinarie. E questo chiama in ballo i rapporti con Bologna. Bologna è sicuramente l’hub regionale. Imola può esserne la periferia oppure avere anche voce in capitolo nella definizione delle strategie e parte attiva nella loro concretizzazione. L’università, ad esempio, ha rappresentato una importante molla di sviluppo per Forlì, che è una città non molto più grande di Imola, il che richiama il tema della riqualificazione dell’Osservanza. Però, per confrontarsi alla pari con Bologna, occorrono condizioni che oggi non vedo». (fu.an.)
L’intervista completa sul “sabato sera” 27 giugno.
Nella foto Luca Dal Pozzo