Riscopriamo il bovino di razza Romagnola e le proprietà nutritive e organolettiche della sua carne
La spesa delle famiglie italiane per l’acquisto di carne nel 2018 ha fatto registrare un aumento di oltre il 5%, il valore più alto degli ultimi sei anni. A rilevarlo (su dati Ismea) è l’Osservatorio permanente sul consumo carni. Un rinnovato appetito per la carne che ci dà l’occasione per ricordare il bovino di razza Romagnola. Un animale caratteristico dei nostri territori, riconoscibile per l’aspetto massiccio, il manto chiaro e le lunghe corna, che un tempo tirava l’aratro e i carri, che forniva la carne e il latte, ed anche il concime per campi, che veniva portato alle fiere con orgoglio e fierezza, addobbato a festa.
Era la vera ricchezza per gli agricoltori, che però negli anni Cinquanta gli preferirono i trattori, per poi riconvertirlo, non senza difficoltà, in fornitore di bistecche. Anzi, di ottime bistecche, tanto da ricevere nel 2006 il riconoscimento dell’Indicazione geografica protetta, meglio noto con l’acronimo Igp, un marchio attribuito dall’Unione europea che ne garantisce l’allevamento in un determinato territorio. «La composizione nutrizionale della carne bovina di razza Romagnola – afferma Sebastiana Failla, ricercatrice del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – la rende un alimento estremamente funzionale, un aspetto su cui occorre puntare per incentivarne i consumi e garantire una migliore redditività agli allevatori. L’analisi che abbiamo svolto su sei porzioni di carne provenienti da altrettanti allevamenti ha messo in evidenza le straordinarie qualità organolettiche di questa carne, più tenera della Chianina e della Maremmana e dalle caratteristiche uniche in tema di frazione lipidica e proteica. Oggi il concetto che deve essere messo al centro del dibattito non è la vendita di carne in sé, bensì la vendita di alimenti altamente funzionali. E la Romagnola ha tutte le carte in regola per rispondere a questi input commerciali».
Una carne, insomma, dalle indubbie qualità organolettiche, vanto della tradizione e della produzione zootecnica romagnola, però non sufficientemente valorizzata da un punto di vista commerciale. «La razza bovina Romagnola – sottolinea Claudio Bovo, direttore di Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna – vive oggi un momento molto delicato e controverso, perché alle sue indubbie qualità, riconosciute soprattutto a livello scientifico, si contrappone purtroppo una scarsa valorizzazione commerciale che rischia di comprometterne l’esistenza. Negli ultimi dieci anni infatti sia le consistenze numeriche che gli allevamenti hanno registrato una drastica diminuzione e solamente da un paio d’anni si è registrata una stabilizzazione produttiva. Il rilancio della carne bovina di razza Romagnola è dunque una priorità perché lo è anche la salvaguardia della biodiversità, un tema che sarà sempre più centrale nei prossimi anni e rispetto al quale occorre adottare tutte le misure più efficaci di sviluppo».
Un rilancio della carne di razza Romagnola che passa anche dalla selezione genetica. Tema quest’ultimo che è stato al centro del convegno “La verità scientifica e il futuro della selezione”, organizzato dall’Araer in collaborazione con l’Associazione nazionale allevatori bovini italiani da carne che si è tenuto venerdì 7 giugno a Riolo Terme. (al. gi.)
L”articolo completo è su «sabato sera» del 6 giugno