Quattro storie di dipendenti dell”ospedale di Montecatone: «Siamo innamorati di questo lavoro»
«Io sono di Imola ma mi sono laureata a Ferrara, poi ho fatto un corso al Sant’Orsola come case manager, che è quello che sono attualmente. Ricordo il mio primo giorno a Montecatone, nel 2001. In questo posto non ci sono le vie di mezzo o lo ami o lo odi. Per me è molto appagante, se dovessero dirmi vai a lavorare altrove risponderei no». Simona Caselli è un’infermiera, ha 42 anni, un marito e un figlio. E’ una dei circa 400 dipendenti del Montecatone Rehabilitation Institute Spa. Medici, infermieri, oss e amministrativi, psicologi, tecnici, il 77 per cento sono donne, per la maggior parte si tratta di persone del territorio.
Pamela Salucci medico fisiatra, 43 anni, sposata, due figli, anche lei è imolese. «Io sono arrivata a Montecatone nel 2003 all’ultimo anno di specializzazione, nel 2004 mi hanno assunta». La sua area di lavoro è quella neurologica delle gravi cerebrolesioni, «che possono essere traumatiche, emorragiche o anossiche, ad esempio a seguito di un infarto. Diversamente dalle lesioni midollari – spiega -, dove si interrompono i segnali dal cervello alla periferia e il paziente non muove gambe o braccia ma l’attività collaborativa e cognitiva solitamente rimane integra, seppur con diverse problematiche, nel “mio” paziente quest’ultima parte viene compromessa».
Anche la fisioterapista Danira Golinelli è di Imola, ha 32 anni, è sposata, ha un figlio. «Mi sono laureata nella sede di Imola e ho frequentato Montecatone nei tirocini. Poi, appena uscita dalla facoltà, a novembre, mandai il curriculum e a febbraio già lavoravo, ora sono nove anni. Il fisioterapista si occupa di recuperare le autonomie, in un caso l’obiettivo è formare i familiari e in un altro addestrare il paziente a ritornare al proprio domicilio con l’uso della carrozzina, in altri ancora andrà a casa camminando. Ogni trattamento è individualizzato e contano sempre tantissimo motivazione e sostegno della famiglia. L’obiettivo è portare il paziente il più vicino possibile alla sua vita di prima in una nuova condizione».
Gianni Cacucciolo, 54 anni, faentino, oggi è un ross, cioè un operatore socio sanitario riabilitativo, figura organizzativa introdotta a Montecatone tra i primi Istituti in Italia, che ne indica l’ulteriore specificità nell’attività in palestra. Alle spalle una storia curiosa, iniziata quattordici anni fa, quando non era più un ragazzo. «Venivo da 25 anni nel campo della ristorazione e gestivo un’enoteca, ma ho deciso di cambiare vita, mi sono licenziato e iscritto al corso per oss, credo l’ultimo gratuito di riqualificazione professionale organizzato dalla Regione. Non sapevo cosa fosse, in realtà volevo fare volontariato. Al termine mandarono il mio curriculum a Montecatone dove non volevo venire perchè da fuori mi sembrava un posto troppo triste. Poi feci il colloquio e mi dissi: provo. Mi sono follemente innamorato di questo lavoro». (l.a.)
L”articolo completo è pubblicato su «sabato sera» del 9 maggio
Nella foto Pamela Salucci, Danira Golinelli, Simona Caselli e Gianni Cacucciolo
Siete i numero 1 della vostra umiltà amore e comprensione verso i pazienti..io ci sono stata e x me li a montecatone ho trovato non personale solo specializzati ma siete speciali e splendidi x me ho trovato una meravigliosa famiglia xché vivere la nei momenti difficili dolorosi e spiacevoli..e con tanta forza fatica e lavoro da grandi fisioterapisti sono a casa che mi muovo felice e con le mie autonomie e soddisfatta..grazie a tutto lo staff di montecatone.
Tutti i pazienti che arrivano dal piano terra postacuti di montecatone ne parlano malissimo su fisioterapia passiva cioè fanno 40min al giorno muovendo gli arti che già si muovono da soli e poi la terapia occupazionale non sanno dove sta di casa. [commento moderato]
ragazzi siete dei GRANDI il vostro aiuto, la vostra tenacia, il vostro lavoro sono TUTTO x chi si trova in gravi difficoltà; ed anche per i famigliari avete sempre un sorriso, una parola di conforto anche quando le condizioni diventano sfavorevoli. continuate questo cammino sicuramente difficile ed anche faticoso pensando alla gratitudine di vedere un paziente tornare al suo domicilio. grazie.