I nidi e i piccoli gruppi educativi 0-3 anni della cooperativa “Le favole”: molta flessibilità e vita all”aperto
Già il nome della cooperativa, «Le Favole», evoca un mondo a misura di bambino. E così i nomi delle strutture, accoglienti «case» popolate di oche, cicogne, fate e folletti per altrettanti luoghi dove i più piccoli possono trascorrere tra giochi e stimoli le loro ore giornaliere lontani da mamma e papà. L’educazione dei bambini da zero a tre anni è appunto la mission de «Le Favole», costituita nel 2005 per iniziativa di cinque socie fondatrici. Ad oggi la coop sociale gestisce a Imola cinque piccoli gruppi educativi (pge) per un massimo di otto bambini e due asili monosezione da 20 bambini, più un asilo a Gallo Bolognese (Castel San Pietro Terme) e il primo nido universitario d’Italia, a Ozzano Emilia, per figli di dipendenti e studenti universitari, convenzionato con i Comuni del territorio. La squadra di educatori è formata da una trentina di persone.
«Abbiamo scelto di occuparci soltanto della fascia d’età 0-3 facendone il nostro punto di forza anche se questa cosa può diventare un limite per una coop sociale come la nostra – sottolinea la presidente Elvira Geraci -. I quattro pge “La Casa di Mamma Oca”, in realtà, sono tra loro affiancati: l’1 e il 2 in via Boccaccio, il 3 e il 4 in via Baroncini. Questo ha permesso di avviare una sperimentazione con contaminazioni e collaborazioni. Da questa esperienza ci siamo resi conto che aver creato praticamente due sezioni da sedici ci permette di abbattere le criticità delle sezioni a otto, così sono nati i nidi della cooperativa “Le Favole”. Siamo presenti in quasi tutti i quartieri, Pedagna, zona stazione ferroviaria, viale Dante, Cappuccini. L’ultima struttura, quella in viale Amendola a Zolino, in una bellissima casetta in mezzo al verde, è stata aperta l’anno scorso come nido privato, ma da settembre avrà posti convenzionati».
L’offerta di servizi a Imola è molto ampia: i genitori che scelgono le vostre strutture perché lo fanno?
«Direi che una volta ci sceglievano per la nostra flessibilità – riflette la presidente – e anche per le dimensioni. Un nido piccolo attenua un po’ le ansie da separazione, dà l’idea che il bambino sia più visto, guardato, curato. Sicuramente si ammala meno, perché le malattie epidemiche sono più contenute. Oggi c’è qualcosa di più: i genitori si informano molto anche sul livello educativo del servizio, chiedono il progetto educativo, lo condividono con noi, sono attivi e partecipi. Il nostro gruppo di educatori è molto qualificato e professionale. Magari la stessa persona ti effettua un prolungamento o ti fa un babysitteraggio privato, c’è molta attenzione alla nostra preparazione, che è in continua evoluzione».(mi.ta.)
L”intervista completa è su «sabato sera» dell”11 aprile