Buona Settimana di Marco Raccagna: Per tre ore social media inaccessibili, che sofferenza
Il cellulare e i social media sono da tempo diventati parte integrante della nostra vita quotidiana. Ma, da evidenti strumenti di progresso, capaci di far fare in tutti i campi passi da gigante nelle comunicazioni, sono divenuti elementi così importanti delle nostre giornate datrasformarsi in veri e propri strumenti di costrizione, che ci tengonoben stretti al guinzaglio o, come ha detto papa Francesco rivolgendo sia i giovani, creando una autentica dipendenza (come avviene per la droga) dalla quale è complicato disintossicarsi. Il problema è che si tratta di una dipendenza che ha colpito non solo i teenager, ma anche e soprattutto gli adulti, che sono infatti coloro che più hanno sofferto quando domenica 14 aprile per ben tre ore WhatsApp, Facebook e Instagram hanno smesso di funzionare.
Un po’ di dati allora, pochi, giusto per aiutarci a capire la profondità del fenomeno. Gli italiani che frequentano i social media sono circa 35 milioni. Il 70% punta gli occhi sul cellulare come prima azione della giornata e il 63% fa la stessa cosa come ultimo gesto serale prima di chiudere gli occhi nel tentativo di dormire. Il 50% dei ragazzi entro i 20 anni controlla il cellulare 75 volte al giorno, ma sono certo che per gliadulti non sia poi così differente. Già, gli adulti. Più del 30% dei figli li rimprovera per l’uso smodato chefanno del loro smartphone; molti soffrono della cosiddetta sindrome da «vibrazione fantasma» e l’80% interrompe la conversazione coivicini di sedia durante pranzi e cene per dare un’occhiata al cellulareo rispondere ad un messaggio.
Ma tutto ciò non stupisce granché se è vero che iniziamo a soffrirequando ci allontaniamo per più di 30 centimetri dalla nostra «macchinetta» e che il 75% degli incidenti stradali è ormai causato dall’usodel telefonino mentre si sta guidando. D’altra parte quante volte sorridiamo o scuotiamo sconsolatamente la testa vedendo in pizzeria o altrove famiglie intere o coppie di ogni età cenare in silenzio perché ognuno con la testa china sul proprio cellulare? E a casa è lo stesso… Non oso quindi immaginare l’agitazione e l’angoscia degli over 30 domenica scorsa in quelle tre ore senza possibilità di postare il piattodi pasta mangiato a pranzo o l’ultima vetrina guardata o il selfie fresco di scatto. Oppure il loro spaesamento nel dover di nuovo guardare negli occhi i propri interlocutori e dare vita ad un dialogo. O il sentirsi perduti in una passeggiata a dover davvero osservare la bellezza della natura e non solo a fotografarla per poi postarla. Ma scherzate, che palle! I ragazzi l’avranno presa certamente meglio. Intanto perché si saranno buttati su social, che loro conoscono e noi non «nativi digitali» no. E poi perché loro hanno il passepartout che li toglie da ogni inciampo: «chissene» e si passa ad altro. Dire che i cellulari e i social media non vanno usati sarebbe dal mio punto di vista una enorme sciocchezza. Essi non sono «altro» rispetto alla realtà. Nel mondo di oggi sono parte di essa, al contrario. E una parte importante da molti punti di vista e per ogni età. E’ su un loro uso maggiormente equilibrato e sul come ottenerlo da noistessi e dagli altri che forse dovremmo concentrare i nostri sforzi. Riscoprendo, come ha detto papa Francesco, che non dobbiamo avere paura del silenzio. Riaccendendo in noi la voglia di conversare «devisu» coi nostri familiari e con gli amici. Visitando i luoghi perché belli e godendoci appieno quei momenti, senza trascorrere tutto il tempo a cercare l’inquadratura migliore per la foto da mettere su Facebook o Instagram. Riacquistando la consapevolezza che l’ansiada mail o messaggio non letti o da suoneria spenta non fanno bene, né a noi né a chi ci sta vicino. Sapendo infine, però, che non è certo con l’impedimento punitivo, la costrizione o altro che potremo ottenere qualche risultato. Non è infatti con la privazione forzata che si guarisce dalle dipendenze digitali, ma con la «trattativa», con noistessi, con gli altri, coi nostri figli.
Ed ora scusate, ma mi sono arrivate delle notifiche. Buona settimana.