Buona Settimana di Marco Raccagna: “L’euforia immotivata del presidente del Consiglio”
Al lavoro c’era troppo pessimismo e uno sguardo malinconico e distante sulla vita. Poca passione, poca creatività e pochissimi sorrisi. «Avevano troppe energie negative», ha dichiarato un diciannovenne del Missouri, Stati Uniti. Ogni mattina si recava al lavoro e vi trovava colleghi allegri come i salici piangenti e così ha preso due bottiglie d’acqua e la brocca del caffè e vi ha versato un po’ di Lsd, nota sostanza stupefacente. E da quel momento tra i colleghi tutto è cambiato: allucinazioni, vertigini, risate a crepapelle e spirito d’iniziativa a mille, anche se con fare un po’ stralunato. Il giovane è stato poi gentilmente accompagnato nelle patrie galere dello Stato americano.
Invece il nostro presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, normalmente è su di giri di suo (come tutto il Governo da quando è in carica, d’altronde). Anche al Vinitaly ha ribadito che la congiuntura di grande crisi economica che l’Italia sta subendo era ampiamente prevista da lui e dai suoi ministri, tutti convinti però che da metà anno in poi ci sarà una ripresa talmente forte da riportare la crescita dell’Italia alle previsioni stimate dall’esecutivo, così «sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno», come cantava Lucio Dalla in “L’anno che verrà”. Già, l’economia. E io ci aggiungo il mondo della scuola e il lavoro. Sono oramai settimane, se non mesi, che si dibatte di politiche sociali, dell’immigrazione e della sicurezza. Sono argomenti determinanti, perché toccano valori, principi e diritti e riguardano la cultura profonda che questo Governo esprime: una cultura di destra antica e moderna allo stesso tempo.
Ma non è su ciò che potrebbe entrare in crisi il grande consenso che ha sin qui premiato il Governo giallo-verde. L’economia, il lavoro e la scuola sono tutta un’altra cosa. Su economia e lavoro siamo sul baratro del fallimento totale. Le promesse, in particolare sul contenimento del deficit, sulla riduzione del debito pubblico, sulla crescita e sulla diminuzione dei disoccupati e della povertà, si stanno rivelando ogni giorno che passa sempre più parole vuote. Solo qualche mese fa l’allora ministro Paolo Savona vaticinava una crescita del 2% di Pil nel 2019, mentre se ci andrà bene saremo tra il meno e il più 0,2% (per la cronaca, il Governo per il 2019 stima ancora l’1,5%). Cresce la povertà e a parte il reddito di cittadinanza, i cui effetti avranno brevissima durata, giusto fino alle europee di maggio, di lavoro nemmeno l’ombra, con i centri per l’impiego e i tutor-fantasma essi stessi già vittime, insieme ai lavoratori in cerca di un’occupazione, di una legge pensata male e fatta peggio.
Le politiche scolastiche, d’altra parte, sono ferme al palo, con il ministro Bussetti che passa da un convegno ad un altro e nulla più. E intanto il mondo dell’istruzione pare fermo, immobile, forse con le dita incrociate, nella speranza che non vi sia l’ennesima rivoluzione e che finalmente la scuola possa essere pensata insieme ai professionisti che ogni giorno vi lavorano e ai quali occorrerebbe innanzi tutto restituire un ruolo sociale e una remunerazione adeguati.In realtà una rivoluzione sta avvenendo nell’indifferenza generale: sta concludendosi il concorso per dirigenti scolastici che ha visto quasi 30 mila persone ai nastri di partenza e che immetterà in ruolo a settembre 2019 circa 3 mila nuovi «presidi». E in autunno partirà il concorsone docenti, che occuperà altre decina di migliaia di donne e uomini. A costoro, visto che parliamo di «civiltà della conoscenza»e di «comunità pensante» a colazione, pranzo e cena, qualcuno pensa di parlare? Ci sono argomenti per farlo? Perché non è solo gente che vota, ma sarebbero anche coloro a cui affidiamo i nostri figli e, con loro, la definizione degli apprendimenti e delle competenze utili alla costruzione del futuro di questo nostro bellissimo Paese.
Buona settimana.