Buona Settimana di Marco Raccagna: Sta tornando il tempo dello scontro destra-sinistra
A un anno dalle elezioni del 4 marzo 2018 possiamo dirlo: il patto che costituisce le fondamenta del Governo Lega-5Stelle è il frutto di un accordo che non è certo stato fatto in nome degli italiani, e da loro sottoscritto, ma, al contrario, è stato concordato dai soli più alti dirigenti di quei due partiti. Concordato fuori dal Parlamento, in segrete stanze, aldilà delle immagini di circostanza fatte trapelare, e poi calato nelle aule parlamentari con un «prendere o lasciare» rivolto agli eletti. E che tuttora regola il simulacro di vita democratica interna alla compagine di governo. Non solo. E’ un accordo di potere bello e buono. Condito di «sarò l’avvocato del popolo» (Conte) o di leggi fatte fintamente in nome del popolo, come vanno ossessivamente ripetendo i pentastellati, ma in realtà leggi fatte a favore di interessi vicini di volta in volta all’uno o all’altro dei contraenti. E disattendendo molte delle promesse mirabolanti fatte in campagna elettorale.
Nel frattempo però, questo sì, spartendosi posti nei Consigli di amministrazione, nelle istituzioni e in quant’altro. Il problema è che mentre i 5Stelle, tra una figuraccia e un’altra (alla Toninelli), privi di un qualsivoglia pensiero organico su loro stessi e manchevoli delle competenze necessarie per reggerela sfida del governo, in questo anno hanno affrontato il presente e il futuro col sorriso un po’ «truffaldino» di chi è riuscito a prendere in giro un po’ tutti, tipo Luigi Di Maio (un sorriso sempre più tirato e stereotipato e disgiunto dalla realtà, a dire il vero), la Lega di Salvini ha perseguito, e persegue, un disegno ben preciso, svolto all’interno di un paradigma ideologico che è quello delle nuove destre più o meno estremiste europee e americane.
Un disegno che implica la risposta quotidiana alle paure e alle frustrazioni di milioni di italiani. Una risposta a volte concreta, attraverso leggi e decisioni improvvise e improvvisate, e a volte solourlata, attraverso i tweet e le dichiarazioni. Disegnando la società voluta e perseguita. Una società attraversata da molte divisioni esteccati: quelli tra bianchi e neri, tra italiani e il resto del mondo, tra ricchi e poveri, tra amici e nemici, tra chi ha studiato e chi no, tra giovani e vecchi e via dicendo. Indicando soluzioni sempre parziali per rispondere di volta in volta a questo o a quell’interesse sociale ed economico particolare e mai all’interesse generale. E soprattutto facendo solo quello che nel momento dato comporta un consenso ampio, cercando di fomentare i molti rancori ed egoismi che attraversano le comunità nazionali e locali, soffiando sul fuoco dell’astio verso qualsiasi cosa od essere umano non ci piaccia o sia diverso da noi. In questo modo fagocitando anche il momentaneo alleato di Governo, al quale non resta che continuare a fingere un protagonismo che ormai non ha più, in attesa di capire dal risultato delle elezioni europee di maggio che fare.
Sarà dura per loro, perché credo ormai sia abbastanza chiaro che le elezioni europee decreteranno uno schiaffone per i 5Stelle. Ma, soprattutto, decreteranno la fine del centrodestra italiano così come lo abbiamo conosciuto fino all’altro ieri. Il risultato molto probabilmente trasformerà il centrodestra in una coalizione di destra abbastanza estrema, nel panorama europeo, con il bastone del comando consegnato alla Lega, il supporto attivo di Fratelli d’Italia e Forza Italia relegata a museo delle cere. Al contempo evidenziando una volta per tutte che nel Paese ci può essere una maggioranza di governo piùomogenea di quella attuale.
Se questo è il quadro più o meno immaginabile che ci attende, allora per il Partito democratico si aprirà un grande spazio politico, rendendo possibile una nuova stagione di contenuti all’altezza della sfida. Innanzitutto mi si permetta una divagazione locale, auspicando il voto in favore dei candidati sindaci del Pd e delle coalizioni di centrosinistrache a maggio si opporranno a questa destra. In secondo luogo chiudendo per sempre la stagione dei mea culpa. Basta, non se ne può più! La politica non resta mai ferma e modifica le proprie risposte a seconda della situazione data. Sono i principi che dovrebbero restare fermi, non gli strumenti per attuarli. Ecco, avolte, a ragione o a torto, può esser sembrato a molti in questi anni che fossero proprio i principi della sinistra ad essere contendibili, per motivi tattici o di maggior rispondenza alla «pancia» degli italiani. E’ stato un errore non accorgersene, che ha «impiccato» il Pd e la sinistra e ha gettato una grande ombra sul buono che si è prodotto.
Sono d’accordo con Valter Veltroni: in Italia è tornato o sta tornando il tempo dello scontro bipolare sinistra-destra. Di fronte alla continua disarticolazione sociale prodotta e teorizzata dalla destra e alla messa in discussione di valori fondanti e fondamentali per una nazione e dun popolo che si vogliano dire civili e democratici; di fronte a metodi che scimmiottano il «me ne frego» di mussoliniana memoria e a politiche che collocano l’Italia a braccetto di Stati autoritari in Europa e nel mondo… Di fronte a tutto ciò è il momento di voltare pagina e forse è il tempo di una nuova radicalità fatta di contenuti, punti fermi, chiara e trasparente riconoscibilità politica, coerenza, battaglie di popolo e non di classi dirigenti, permeabilità. E non di sigle e siglette o, ancora peggio, di rivincite interne. Se il Pd sarà capace di aprirsi al contributo di tutti, se sarà capace di modificare anche la propria struttura ed organizzazione, se smetterà di cercare al proprio interno gli avversari, riconoscendo semplicemente davanti agli italiani meriti e limiti della propria azione politica, se sarà convincente e coerente e di sinistra; se si sottrarrà all’inerzia di alleanze logore, se finalmente saprà parlare con una voce sola, allora potrà percorrere il nuovo spazio politico che si apre e cercare un consenso più largo tra gli italiani.
Buona settimana.