Siccità e caldo record dell”inverno 2019, come il Consorzio di bonifica fa fronte all”emergenza agricola
La siccità non è un problema legato soltanto ai mesi estivi. La quasi totale mancanza di precipitazioni e le temperature superiori alla media che hanno caratterizzato l”inverno 2019 e che si protraggono da diversi mesi stanno infatti creando parecchi problemi al settore agricolo. Ecco qualche dato sulla piovosità per capire: la media della pioggia tra il 1993 e il 2019 è stata di 47 millimetri, mentre quella del febbraio 2019 misurata dal pluviografo della sede del Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale a Lugo è di appena 7,8 millimetri, inferiore dunque dell’83%. Più contenuto, ma sempre preoccupante, il calo della piovosità se il confronto è fatto sul periodo dicembre-febbraio: -58%. A questo si aggiunge il generale aumento delle temperature: dai dati dell’osservatorio dell’Arpae risulta infatti che la temperatura media rilevata nella regione Emilia Romagna tra il 1991 e il 2018 è cresciuta di 1,1 gradi rispetto al trentennio precedente.
La situazione ha già reso necessario l”intervento del Consorzio di bonifica per far fronte alle richieste d”acqua del settore agricolo. «Anche nel nostro comprensorio, come in tutta la regione e in gran parte d’Italia, ci sono molte preoccupazioni per il protrarsi del periodo di siccità – afferma il presidente del Consorzio di bonifica, Alberto Asioli – Senza acqua per irrigazione non si avrebbero raccolti, quindi, oltre alla mancanza dei prodotti verrebbe meno anche l”occupazione in campagna e in tutto il settore dell”indotto. Anche per questo motivo il Consorzio si è da subito impegnato e siamo riusciti a soddisfare tutte le richieste irrigue che ci sono pervenute, svolgendo un lavoro attento e oculato su tutta la nostra rete idrica di pianura».
Nei mesi di febbraio e marzo l”area della “bassa Romagna” è stata quella che ha reso necessario l”intervento irriguo più impegnativo, destinato a 1.500 ettari coltivati a bietolotto, altre piante orticole da seme e cipolle, vale a dire colture che in questa fase di semina e di trapianto necessitano di acqua Il lavoro del Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale è stato complicato perché è stato svolto in condizioni critiche al di fuori dell’ordinaria stagione irrigua, di norma compresa tra metà marzo e fine ottobre e determinata dalla funzionalità del Canale Emiliano Romagnolo (Cer), la quasi esclusiva fonte d”acqua per l”irrigazione di questo territorio. L”acqua del Cer è infatti praticamente inutilizzabile dai primi di novembre a inizio marzo, innanzitutto per la presenza di cantieri di manutenzione ordinaria e straordinaria che rendono necessario interrompere l’alimentazione idrica del canale, poi per l’esigenza di riservare, nel periodo di interruzione dell’esercizio, un minimo di portata per l’uso prioritario civile. A inizio febbraio, infine, si è registrata l”esondazione del fiume Reno, che ha “costretto” il Cer a invasare parte delle acque fuoriuscite, raccolte in prima battuta dai canali di bonifica (quindi acque “sporche” e non utilizzabili comunque ai fini dell’irrigazione), al fine di evitare che venissero inondati diversi paesi della pianura bolognese.
Per tutte queste circostanze il Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale ha gestito la crisi idrica senza poter attingere acqua dal Cer, ma affidandosi a fonti alternative: minimi prelievi dal Senio-Canale dei Mulini e uso dell’acqua di scolo presente nei canali di bonifica, il tutto attraverso un intervento coordinato e in tempo reale di azionamento delle varie paratoie e sostegni irrigui presenti nella rete di bonifica per far arrivare senza sprechi l’acqua là dove serviva. Per questo intervento di soccorso, secondo le stime, è stato impiegato un volume di circa mezzo milione di metri cubi di acqua, con un lavoro dedicato di quasi 5.000 ore, che ha salvaguardato coltivazioni della massima importanza per il sostegno al reddito delle imprese agricole, ma al contempo anche le opere di scolo e con esse il territorio nel suo insieme.
E dai primi di marzo, con il Cer che ha ripreso la sua normale funzione, l’acqua è tornata ad arrivare anche al territorio romagnolo, riportando a regime tutte le attività d’irrigazione che attualmente si stanno svolgendo secondo i canoni ordinari, anche se in anticipo di 15 giorni rispetto al normale inizio della stagione irrigua. Restano comunque preoccupazioni per i prossimi mesi, considerando che per tutto il mese di marzo non sono previste precipitazioni significative in grado di portare benefici all’agricoltura e all’approvvigionamento idrico che per il nostro territorio dipende dal fiume Po, dal quale il Cer attinge. Il livello delle acque del fiume potrebbe infatti presto andare in sofferenza, considerando che nel territorio regionale l’aumento della temperatura massima è ancora più accentuato rispetto alla temperatura media: tale aumento infatti è risultato, nel confronto tra i periodi ’91-2018 e ’61-’90, pari addirittura a 1,4 gradi. E proprio nel territorio della Romagna Occidentale si è registrata, nell’estate del 2017, la temperatura record di 42,5 gradi a Brisighella. (c.cr.)
La foto è tratta dal sito della Regione Emilia-Romagna