Al magazzino del Banco Alimentare, dove ogni anno passano oltre 5.000 tonnellate di alimenti destinati ai poveri
Nemmeno la neve ferma il lavoro al magazzino del Banco Alimentare di via Zello. Nonostante cadano i primi fiocchi e il freddo pungente delle raffiche di vento, alle 9 di una mattina di gennaio le operazioni di carico dei pacchi alimentari destinati agli assistiti delle varie associazioni convenzionate con la Onlus procedono senza sosta. A seguire le operazioni è il responsabile della logistica del magazzino, Daniele Ferrari. Questa è la sede regionale della Fondazione, qui si movimentano ogni anno circa 5.500 tonnellate di merci, il 60% di tutto il giro del Banco Alimentare Emilia Romagna, che gestisce un secondo magazzino a Parma. E qui, scherza Daniele, «quel che succede è sempre colpa mia. O merito, dipende. Gestisco tutto ciò che entra e che esce, i mezzi, come viaggiano, quando, chi li guida».
I dipendenti sono nove: con Daniele, al magazzino, lavorano Marco (che si occupa anche di grafica) e Daniela, che provvede alle pratiche burocratiche relative a ritiro e consegna delle merci. In ufficio a Imola, con il direttore del Banco Alimentare Emilia Romagna, Gianluca Benini, ci sono altre tre persone. E poi ci sono Angelo, autista e aiuto magazziniere, più un altro magazziniere di stanza a Parma. Una cinquantina di volontari aiutano nella distribuzione, più due che guidano i due Ducato della Fondazione, addetti alle consegne per chi non riesce a ritirare le merci direttamente. Quando si avvicina la Colletta alimentare, l’ultimo sabato di novembre, altri 50 volontari si attivano, fino al boom di 19.000 persone impegnate il giorno dell’evento in negozi e supermercati.
Uno di questi volontari che non manca praticamente mai una mattina di lavoro è Giancarlo,76 primavere (ma proprio non li dimostra). Lo incontriamo nellacella frigorifera dove vengonostoccati i generi alimentari freschi. «Anagraficamente sono il più vecchio- commenta -, ma diciamo che sono diversamente giovane. Perché sono qui? Mi ha spinto un amico, anche lui volontario. Lo faccio per la soddisfazione di servire a qualcuno e per non essere il solito, vecchio pensionato che sta a casa a litigare con la moglie», conclude con un sorriso.
Dovunque si vedono scaffalature traboccanti di merce. «I canali di arrivo – spiega Ferrari – sono tre: il primo è quello delle donazioni delle industrie alimentari: ci contattano loro, ma siamo noi in questo caso ad andare a ritirare i prodotti. Dall’industria arrivano generi alimentari prossimi alla scadenza, oppure con errori nell’etichettatura, nel dosaggio degli ingredienti. Comunque prodotti buoni da mangiare, ma che devono essere distribuiti più rapidamente. Il secondo canale è quello della Comunità Europea, che affida appalti ad aziende alimentari per realizzare prodotti per associazioni come la nostra, che vengono etichettati appositamente come aiuti non commerciabili. Sono merci senza problemi di scadenza, quindici permettono una permanenza più lunga e una distribuzione più mirata a tutti i nostri ‘clienti’. Sono molto diversificati: latte, pasta, riso, biscotti, legumi, farina, zucchero, formaggi, pomodoro, tonno, biscotti per l’infanzia. In alcune occasioni ricordo forniture di carne in scatola, cracker, marmellate, anni fa anche olio d’oliva, ora invece di semi. Poi c’è l’ortofrutta, dato che le organizzazioni dei produttori hanno un budget per fare beneficenza. In entrambi i casi i viaggi sono a carico del fornitore, mentre a nostro carico ci sono lo scarico, lo stoccaggio e successivamente la distribuzione».
Esiste poi un quarto canale, lo ricorda la responsabile della Comunicazione e della Raccolta fondi Elena Mazza, che è la Colletta alimentare, l’evento che dà più visibilità all’attività del Banco Alimentare e che serve per recuperare quei generi che dai canali ordinari non arrivano, in primis quelli per l’infanzia. Ma si tratta di un’occasione speciale, che rappresenta un picco di lavoro, ma non fa parte della routine quotidiana. Della quale, invece, fa parte il via vai di volontari delle varie associazioni convenzionate. Sono tra le 20 e le 25 quelle che, ogni giorno, vengono a ritirare i pacchi per i loro assistiti,su un totale di 600 che fanno capo a Imola (800 in tutta la regione). (mi.ta.)
L”articolo completo è su «sabato sera» del 31 gennaio