Buona Settimana di Marco Raccagna: “La memoria che oggi manca, ma che possiamo coltivare”
Roberto Lipari, un simpaticissimo comico palermitano, in un post su fb dice che il 27 gennaio, Giornata della Memoria, noi non ricordiamo la shoah e l’olocausto, ma celebriamo la memoria tout court, che ci manca tanto: lo si evince dalle molte nefandezze che riusciamo a dire e fare, nonostante la storia ci dovrebbe aver insegnato qualcosa. E che forse l’unica soluzione è quella di contribuire con piccoli o grandi gesti ed azioni a formare una coltura, un humus dal quale possa poi nascere un poco per volta qualcosa di buono.
In effetti mai come quest’anno, la Giornata della Memoria è stata in Italia più fonte di imbarazzo che momento in cui tutti ci si potesse raccogliere attorno ad un semplice perché non accada mai più. E francamente non poteva essere altrimenti. La shoah, l’olocausto, le torture; le adunate di popolo di Roma e Berlino, Auschwitz, le deportazioni, l’odore di carne bruciata e il fumo che esce dai camini; gli oppositori politici, gli ebrei, i comunque diversi, tutti caricati sui treni. Avere memoria di tutto questo ci interroga sugli anticorpi necessari perché ciò non possa mai più avvenire. Ci interroga sui nostri comportamenti individuali, collettivi ed anche istituzionali del presente. Ci chiede di ragionare su parole come solidarietà, Europa, democrazia, rispetto, pace, razzismo, antisemitismo. Ci chiede di alzare la testa e fermarci un attimo o anche un po’ di più.
Perché se ogni minuto di ogni ora di ogni giorno siamo tutti impegnati e anche spesso arrabbiati nel tentativo di «farcela», potremmo accorgerci troppo tardi che tutti i nostri sforzi e il superamento delle nostre paure ci stanno portando in realtà in un posto che poco ci piace e nel quale non vivremmo bene. Un posto nel quale non potranno venire con noi gli ex deportati, perché scomparsi, e nel quale, come ha detto l’altro giorno la grandissima senatrice a vita e novantenne Liliana Segre, non ci sarà nessuna memoria di ciò che è stato e di ciò che gli uomini sono capaci di fare ad altri uomini, e il mare si chiuderà sopra le teste dei milioni di morti dell’olocausto come oggi si chiude su quelle dei disperati che lo solcano su un vecchio gommone in cerca di una speranza.
Oggi più di ieri percorriamo strade dense di pericoli per la nostra convivenza civile. La democrazia è certamente un sistema imperfetto, che ha bisogno di continue manutenzioni, ma nella storia dell’umanità è il sistema che ha garantito più pace, più libertà, più benessere. E oggi si parla di un suo superamento in nome di una fantomatica democrazia diretta via web o di un rapporto diretto tra il capo e il popolo; oppure si chiudono i porti ai naufraghi come ancora in queste ore sta accadendo al largo di Siracusa; altri incitano all’odio verso i francesi; il senatore Elio Lannuti d’altra parte straparla dei Protocolli di Sion, mentre una sua collega sempre dei 5Stelle chiede il posto adeguatamente riservato in prima fila ad un convegno sulla memoria; altri fanno congressi che durano tre mesi, dicendo anche cose interessanti, ma di cui nessuno si ricorda per stanchezza. E a corollario di tutto la perdita di ogni sentirsi appartenere ad una comunità nazionale all’interno di una più vasta comunità, quella europea.
Oggi si prendono in sostanza in continuazione delle scorciatoie, per evitare di interrogarsi per davvero e di approfondire. E quindi ci sta che un Salvini nel giorno della memoria dica di onorare tutte le vittime, di tutti i regimi, neri e rossi. Ma che c’entra? E chi ha mai detto il contrario? Il 27 gennaio è una data precisa e genera un ricordo preciso, con riferimenti ideologici e fatti precisi, che, annacquati in mezzo a tutto il resto, si perdono e si diluiscono in una condanna che in questo modo non ha più alcun significato e che non riempie il nostro vuoto di memoria. Ma anche partendo da un piccolo vaso di terra, qualche seme e un po’ di acqua si può far nascere una foresta. Buona settimana.