«La casa dell”aviatore», il romanzo di Katia Dal Monte ambientato a Villa Muggia
Per tanti imolesi, nel tempo, è stata luogo di visite clandestine, sempre dal sapore suggestivo, misterioso, con quel nome che sapeva tanto di romanzo: la casa dell’aviatore, prima ancora che Villa Muggia. Edificata in via Bel Poggio, sui declivi poco oltre l’attuale ospedale nuovo. Ora Katia Dal Monte (che si è occupata per molti anni dell’organizzazione della scuola di musica Vassura-Baroncini, fin dalla sua apertura, autrice di testi per musica e racconti) con il suo libro La casa dell’aviatore (Giraldi Editore) restituisce armonia, dolce distacco, pace a quell’invadere la casa, restituendoci con parole delicate una storia che in fondo è una favola, ma ben ancorata al terreno, come la tavola al centro della sala, per certi versi simbolo della vicenda. «Questa tavola è speciale… questa tavola è il centro della casa» dice Margaret, una delle protagoniste del romanzo. C’è poesia e malinconia, suggestione e tenerezza nelle pagine del libro che sarà presentato sabato 19 gennaio, alle 10.30, nella biblioteca comunale, dall’autrice insieme a Gabriella Pirazzini e Gianni Cascone, che firmano rispettivamente la prefazione e la postfazione.«E’ un luogo che mi ha colpito fin da ragazza, suggestivo e carico di poesia, che mi ha sempre attirato in modo incomprensibile, anche se vi sono entrata solo da adulta – spiega l’autrice -. Sono sempre stata affascinata dall’architettura razionalista, in particolare da quella abitativa ed incuriosita anche dalla figura dell’architetto Piero Bottoni, che l’ha progettata insieme a Mario Pucci. Così, partendo da quanto letto sulla casa e sulla famiglia, ha preso forma pian piano dentro di me questa storia, fantastica ma intrecciata alla realtà, che parte da quell’unica estate in cui la casa fu abitata, quella del 1938. Ed è stato come guardare dentro le finestre di questa casa e scorgere la vita delle persone che l’hanno abitata».
Protagonista è una ricca famiglia ebrea – con il padre, la madre Anna, i figli Giulio (l’aviatore) e Margaret -, che dopo quell’estate dovette nascondersi, causa le leggi razziali. Lasciando la casa abbandonata, poi alla mercé dell’occupazione tedesca e dei bombardamenti aerei degli Alleati, che hanno semi distrutto l’edificio, che da allora non è più stato né ristrutturato né, di conseguenza, abitato. Sono le voci ed i pensieri, immaginati dall’autrice, delle persone che l’hanno abitata in quell’unica estate a condurci lungo la vicenda, che si dipana nel 1938 per concludersi nel 2010, quando la nipote di Miriam, la figlia di Margaret, darà pace alle voci della memoria. Un racconto che diventa corale, con scambi epistolari fra i protagonisti, compreso l’architetto Piero Bottoni, che tra il 1936 ed il 1938 ha realizzato Villa Muggia, partendo dal recupero della sola parte monumentale dell’esistente casino di caccia del ‘700 e costruendovi tutto attorno un altro mondo abitativo, in stile razionalista. Una soluzione architettonica che ha reso unica la villa nel panorama nazionale, considerata un capolavoro di architettura razionalista, dandole fama anche a livello internazionale, per il suo far vivere la parte monumentale settecentesca come se fosse un museo all’interno della casa stessa, di cui godere affacciandosi dai vari nuovi ambienti dell’edificio.
L”articolo completo è sul «sabato sera» del 17 gennaio
Nella foto Katia Dal Monte con il suo libro