Con la Legge di Bilancio riduzione delle accise sulla birra e aliquota più bassa per i birrifici artigianali
Taglio di un c e n t e s i m o dell’accisa applicata alla birra, che dal 2019 dovrebbe così scendere da 3 euro a 2,99 ad ettolitro. E riduzione del 40% dell’aliquota per chi produce fino a 10 mila ettolitri, come i birrifici artigianali. Misure introdotte con un emendamento alla manovra approvato dalla commissione Bilancio della Camera, tese a favorire un settore cresciuto molto negli ultimi anni, sia in termini di produzione, sia in termini di consumo della bevanda fermentata e diventate legge con l”approvazione definitiva della legge di Bilancio 2019 negli ultimi giorni del vecchio anno.
Stando ai dati dell’osservatorio regionale del commercio Emilia Romagna, la birra è per lo più bevuta a cena e preferita da oltre il 33% dei consumatori, appena 7 punti percentuali in meno del vino (scelto dal 40% dei consumatori), che vanta però una ben più lunga tradizione nazionale. Si tratta dunque di una riduzione delle tasse quantomai necessaria per far decollare il settore. Fra i Paesi europei, infatti, la tassazione applicata in Italia alla produzione di birra è tra le più alte. Non solo. Sempre in tema brassicolo, il Belpaese si distingue anche per un’altra curiosa anomalia: ovvero, che l’accisa sugli alcolici viene applicata alla birra ma non al vino. In pratica, la «bionda» è l’unica bevanda alcolica definita «da pasto» a pagarla, più simile ad un bicchiere di rum che ad un calice di rosso.
La riduzione delle accise si traduce, secondo le stime, in un risparmio fino a 140 mila euro all’anno per i produttori più vicini al limite dei 10 mila ettolitri annui e più ridotto, in proporzione, per i produttori più piccoli, come quelli del nostro territorio: due birrifici e una «beer firm» (ovvero birrificio con impianto in affitto) che nel 2018 hanno fermentato fra i 110 e i 400 ettolitri di bionde. «Per noi significherebbe un risparmio di circa seimila euro annui, se ci basiamo sulla produzione di 400 ettolitri di quest’anno – quantifica Pierpaolo Mirri del birrificio agricolo Claterna di Castel San Pietro -. Un aiuto concreto per abbassare i prezzi ed avere così un prodotto più competitivo, oppure per sostenere le spese o nuovi investimenti».
Claterna è presente sul mercato dal 2014, prima come «beer firm» con la produzione delocalizzata a Fabriano ed ora come vero e proprio birrificio, inaugurato nel 2017, grazie ad un investimento importante. «Abbiamo poi inaugurato da poco la nuovissima «tap room», uno spazio dedicato a degustazioni e visite guidate con vetrata a vista sul nostro impianto e spillatrici per assaggi a chilometro zero», aggiunge il birraio castellano. Recentemente il birrificio castellano ha presentato una nuova birra in collaborazione con l’associazione marronai alidosiani di Castel del Rio, fermentata aggiungendo, appunto, farina di marroni locali. «Un microbirrificio, per sopravvivere in un mercato dove dettano legge i grandi marchi, deve puntare su innovazione e creatività», conclude Mirri.
Se l’emendamento è stato accolto positivamente dalle associazioni di categoria, tra gli addetti ai lavori prevale comunque la cautela. «La riduzione delle accise per i piccoli produttori indipendenti è sicuramente importante – commenta Marco Tampieri del birrificio imolese Hopinion -. Va detto, però, che il limite dei diecimila ettolitri annui si riferisce ad una dimensione già medio-grande se paragonata ai veri piccoli birrifici che sono la maggior parte e che per lo più producono, mediamente, 500-1.000 ettolitri di birra all’anno». Il birrificio Hopinion nato in via Pasquala nel 2017. Oggi, al secondo anno di attività e quindi ancora in fase di rodaggio, produce circa 250 ettolitri all’anno di birre agricole, utilizzando cioè oltre il 51% di materie prime prodotte in proprio. La società, infatti, gestisce luppoleti a Dozza e a Castel San Pietro, da cui ricava i fiori destinati alle birre a marchio Hopinion. «Utilizzare materie prime auto-prodotte non è una condizione sufficiente per abbassare le spese – precisa però Tampieri -. Ridurre le accise, invece, influisce direttamente e concretamente sul prezzo di vendita. Ma ritengo che si possa fare anche di più per sostenere le piccole aziende italiane che producono birra artigianale agricola. Fare la birra e venderla non è un gioco, anche se si è mossi dalla passione. Anche quando la produzione va bene, non è facile entrare nei canali di distribuzione, spesso monopolio dei grandi marchi con più potere commerciale. La vera sfida quindi – conclude Tampieri – è trovare le strade per far arrivare il prodotto al pubblico».
Per far conoscere le sue produzioni, il «birrificio» «Non retorico» punta da sempre sugli eventi. Quest’anno la «beer firm» imolese ha prodotto 110 ettolitri delle proprie birre, fra cui una stagionale con l’albicocca reale di Imola, presso il birrificio Bellazzi di San Lazzaro. «Ma stiamo anche valutando di diventare un vero e proprio birrificio», dice Andrea Sangiorgi, birraio del «beer firm». «La riduzione delle imposte è certamente positiva ma sarebbe da modificare anche il metodo con cui si calcola la tassa, che misura il grado alcolico potenziale e non conta le perdite in fase di produzione. Inoltre – aggiunge Sangiorgi – bisognerebbe proteggere la vera birra artigianale da quella industriale, che spesso si definisce arti-gianale creando confusione sul mercato».
Sono oltre trenta le attività fra birrifici, «beer firm» e «brew pub» che producono birre artigianali entro un raggio di 30 chilometri da Imola.
Numeri che dimostrano la forte crescita del settore delle birre artigianali made in Italy: Coldiretti Emilia Romagna conta infatti ben 117 micro-birrifici nella sola regione di riferimento (nel 2010 erano appena 24) su un totale di oltre 1.500 in tutta la penisola (secondo il database online microbirrifici.org). (mi.mo.)
L”articolo completo è su «sabato sera» del 20 dicembre
Nella foto Pierpaolo Mirri del birrificio Claterna di Castel San Pietro