Alessandro Garramone si racconta, dagli inizi nelle redazioni locali all”attuale carriera di autore televisivo
Talento e «garra». Cioè capacità indiscusse e, usando la parola tanto cara agli argentini, ma giocando anche sul cognome del nostro protagonista, quell’«artiglio» che ti permette di graffiare e aggrapparti ai sogni. Insomma, la voglia di farcela. Stiamo parlando di Alessandro Garramone, 46enne imolese che da circa 16 anni è partito per Roma, dove si è costruito una carriera invidiabile in ambito televisivo.
«Garra» fa l’autore, cioè scrive i contenuti dei programmi, ne rappresenta l’anima. «E dire che non ero mai stato nella capitale fino al 1999, non avevo mai visto il Colosseo…» racconta divertito. Per rendere l’idea, è un lavoro che nel corso degli anni è toccato a personaggi come Carlo Emilio Gadda, Andrea Camilleri, Umberto Eco e tanti altri che hanno rappresentato la vera spina dorsale della televisione italiana.
La scusa per fare una chiacchierata col nostro ex collega è una società di produzione nata da poco, che ha la sede legale proprio a Imola, tanto per tenere vivo il legame con la sua città. Si chiama «Screept», dalla fusione delle due parole inglesi screene script. Cioè «scrivere per lo schermo», tanto per essere letterali. Alessandro iniziò giovanissimo, che ancora andava al liceo classico, portandosi dietro un floppy-disk (qualcuno sa ancora cos’è?) con gli articoli sul rugby, ma già si intuiva che, nonostante fosse ancora minorenne, aveva qualcosa in più, qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri.
«Il mio primo articolo pubblicato fu nel 1989, sul Nuovo Diario Messaggero. Scrivevo di rugby e inizialmente non sapevo neppure esattamente le regole, ma visto che avevo a che fare con gente piuttosto grossa, dentro di me si era creato un grande senso della realtà, perché potevo prendere le botte. E secondo me alcuni giocatori avrebbero voluto picchiarmi sul serio, probabilmente a ragione».
Saper scrivere, voler scrivere, è comunque stato il grande combustibile.
«Fin da quando ero piccolissimo avevo la fissa. Conservo ancora un tema di quando avevo 10 anni in cui dichiaravo di voler fare il giornalista. Nulla è successo per caso. La televisione sì, invece, quella è stata una circostanza fortuita, grazie all’incontro con una persona che mi presentò Claudio Caprara, direttore di sabato sera a quei tempi. Alla fine mi sono trovato a fare un lavoro che non sapevo neanche che esistesse».
In quegli anni hai girovagato per le redazioni imolesi, tra «Carlino» e «sabato sera», assumendoti anche la responsabilità di dirigere per 6 anni il settimanale «sette sere», ideato dallo stesso Caprara.
«Non avevo ancora 25 anni, dunque ero molto giovane come direttore. E’ stata sicuramente una esperienza di grande crescita, una palestra che mi è servita quasi più da piccolo imprenditore che da giornalista. E mi è servita in seguito per fare carriera più velocemente, perché mi ero già abituato a gestire le persone, a prendere decisioni, a fare trattative».
Torniamo a parlare di scrittura.
«Farlo per la carta stampata o per la televisione è talmente diverso che non si possono fare paragoni. Anzi, a volte essere una penna particolarmente brillante può diventare un limite: bisogna ricordarsi che le cose si vedono, quindi è inutile arricchire troppo le frasi con dettagli che possono diventare ridicoli».
Quindi come si fa?
«Si impara a scrivere coi silenzi e con le immagini. Bisogna pensare a ciò che si sta facendo quasi visualizzando un disegno. Ogni parola sul video ha un peso specifico più alto».
Hai iniziato con «Sfide». Il programma sportivo ideato da Simona Ercolani e seguitissimo su Raitre.
«Doveva essere un anno sabbatico. Inizialmente partivo da Imola il lunedì mattina e tornavo al venerdì sera. Ho avuto la fortuna di entrare dalla porta principale e iniziare subito a fare l’autore, un incarico che di solito ci si conquista con anni di esperienza». (pa.za.)
L”intervista completa è su «sabato sera» del 22 novembre
Nella foto il giornalista e autore televisivo Alessandro Garramone
Sei il figlio di Egidio…?