Le molte sfumature del team managing. Intervista a Simone Steffanini del Team Green Speed
I piloti e le moto sono sempre ed inevitabilmente i protagonisti del mondo delle corse, dalla MotoGP al Civ. Ci mettono il manico, la faccia, la sensibilità tecnica, la vita. Ma non lavorano da soli: anche se non sembra, il motociclismo resta uno sport di squadra, di team. Ne abbiamo parlato con un team manager da anni impegnato nel mondo delle due ruote, Simone Steffanini, team manager bolognese (esattamente di Castel San Pietro Terme) del proprio team Green Speed motorizzato Kawasaki Italia, impegnato da anni al livello nazionale e non solo.
Chi è Simone Steffanini. Classe 1974, Steffanini è nel mondo delle moto dal 1994.Ha ricoperto vari ruoli, creandosi una carriera ricca di esperienze e soddisfazioni fino a decidere di fondare il proprio team. Fra e cose che ricorda con piacere ed emozione: il lavoro al fianco del preparatore bolognese Alberto Gubellini, gli anni come responsabile della moto di Cristiano Migliorati, il periodo di lavoro nel team di Davide Bulega (padre del più noto Niccolò), l’ottimo lavoro con il team Puccetti poi arrivato a vincere titoli mondiali, il Team Italia con Riccardo Russo e il titolo italiano Stock600 e l’esordio mondiale, il mondiale con Roberto Rolfo…Poi nel 2016 nasce il Team Green Speed.
Prima domanda, d’obbligo visto che il lavoro non ti mancava: perché un team tutto tuo?
Volevo essere libero nelle scelte tecniche dei fornitori ed anche sul modus operandi con cui affrontare le gare. Ho dovuto imparare un lavoro diverso, accanto a quello che sapevo già fare: le pubbliche relazioni e la ricerca di sponsor, competenze difficili da acquisire e che prendevano tempo al motivo per cui avevo deciso di fondare il mio team, il lavoro tecnico a modo mio. Ma devo ammettere che avere il mio tema regala anche grandi soddisfazioni, ad esempio l’appoggio che mi danno le aziende di settore che mi avevano conosciuto come tecnico significa che lavoro bene. E poi l’immensa soddisfazione per la wild card mondiale a Imola nel 2016, per una piccola realtà appena nata non era uno step ovvio!
Il tuo rapporto con i piloti?
Come team manager la mia sfida è sempre stata quella di lanciare giovani piloti, farli crescere, portarli ad essere pronti per sfide più grandi di quelle che potevo offrire io. Ad esempio ho portato Canducci al team ufficiale Kawasaki nel 2017. Ho lanciato Malone e Leotta, quest’ultimo vicecampione di Coppa Italia. Ma ho anche fatto correre piloti del calibro di Anthony West come wild card nel Civ, Rolfo nel campionato velocità in salita… La stagione appena finita è stata travagliata, non tanto per i risultati che ci vedono comunque 4 volte vincitori in altrettante gare nazionali…
La prossima stagione, invece, come sarà?
Ci stiamo lavorando. Sul piatto ci sono diverse prove del mondiale Supersport600 con un pilota italiano di assoluto valore nazionale, al fine di passare in pianta stabile al mondiale nel 2020. Ma stiamo lavorando anche per disputare campionati in ambito nazionale sempre con piloti giovani ed impiegando la nuova versione del Kawasaki Zx636.
Perché scommettere su piloti giovani?
Faccio quello che faccio più per passione che per lavoro, significa che devo divertirmi oltre a lavorare bene. La mia storia è sempre stata legata ai giovani ed è la strada che preferisco. Ritengo che sia più bello vincere con chi non ha mai vinto piuttosto che accontentarsi. La sfida è avere obiettivi competitivi: fare meglio della stagione precedente dando il massimo indipendentemente dalla posizione assoluta.
Come vedi il bacino di piloti italiani?
In Italia abbiamo ottimi talenti che faticano ad emergere a causa di una scarsa personalità più che della mancanza di talento. Il talento da solo non basta, bisogna aver voglia di mettersi in gioco con un po’ di sana fame di vittorie. La voglia di vincere fa la differenza ma oggi per troppi giovani è più importante dire che si è piloti piuttosto che dimostrare di esserlo.
Quali sono i limiti e i problemi di avere un proprio team?
Soprattutto limiti economici. Il motociclismo è uno sport di nicchia e i budget necessari sono elevati.
Secondo te gli organizzatori fanno abbastanza per promuovere il Civ?
No. Anche se è il massimo campionato nazionale viene comunemente considerato un campionato minore. Secondo me ci vorrebbe innanzitutto l’ingresso libero per il pubblico, avere più spettatori aiuta in termini di attenzione del pubblico e della stampa. Sulla stampa, poi, gli organizzatori dovrebbero investire per chiedere una maggiore presenza di giornali e tv: solo raccontando storie la gente si appassiona, e di belle storie il motociclismo è pieno a tutti i livelli.
E la Federazione, dal canto suo, cosa potrebbe fare?
La Federazione dovrebbe tornare un po’ indietro nel tempo, a quello che si faceva negli anni Novanta: appoggiare i team e non i singoli piloti, perchè i piloti crescono solo se hanno alle spalle delle buone squadre fatte da persone dalla comprovata esperienza in pista. E poi razionalizzare impegni e costi, ad esempio togliendo il giovedì in pista nei weekend di gara, cosa che aiuterebbe anche il pilota a lavorare più efficacemente e prepararsi più velocemente nell’ottica dei campionati superiori dove si gira poco e si deve essere in bolla subito. Quanto ai costi, poi, bisognerebbe abbassare i costi di iscrizione magari aprendo anche a circuiti più piccoli per rendere lo sport più capillare sul territorio nazionale. Il campionato inglese dimostra che correre in circuiti meno prestigiosi di quelli più noti non danneggia la spettacolarità delle tappe! Inoltre ritornare all’uso libero della benzina e liberalizzare le gomme, mentre ora siamo tutti obbligati a fare acquisti dagli sponsor dei campionati a prezzo superiori di un amatore che compra benzina e gomme! È assurdo: faccio pubblicità e paghiamo. Dal 2019 avremo l centralina unica in diverse categorie, il che significa un ulteriore aumento dei costi. È necessario che la federazione sia più lungimirante sui costi che sostengono i team, sono i team che vanno aiutati, sostenuti, in tutte le maniere possibili, anche sostenendo le squadre che portano in pista piloti famosi o stranieri come strategia di crescita del campionato.
mi.mo