Il Nobel per la Pace al dottor Denis Mukwege e l”attività in Congo del Comitato Imola-Bukavu
La notizia del premio Nobel per la Pace al medico congolese Denis Mukwege è stata una vittoria per tutte le donne che hanno e continuano a subire violenza nel mondo, in particolare è una vittoria per la Repubblica Democratica del Congo. E in qualche modo è stata una vittoria anche per la città di Imola.
Fin dagli anni Novanta, infatti, il comitato Imola-Bukavu, formato da volontari che frequentano l’oratorio di San Giacomo, sostiene le attività svolte dal centro Kitumaini (speranza in swahili), impegnato nella difesa della pace edelle fasce più deboli della popolazione della città di Bukavu.
Il progetto di aiuto alle donne violentate, in particolare, è iniziato nei primi anni Duemila grazie allo stimolo del senatore Giovanni Bersani e dell’oratorio di San Giacomo, insieme a Pace Adesso onlus di Bologna, e continua anche oggi talvolta in collaborazione proprio con l’ospedale Panzi in cui opera Mukwege. I membri del centro Kitumaini si recano nel villaggio della donna colpita ed intervengono curando e sostenendo psicologicamente la persona violentata e offrendo il trasporto verso l’ospedale per i casi più gravi.
Per molte donne, infatti, è impossibile raggiungere l’ospedale di Panzi, che si trova spesso a decine di chilometri da dove vivono. Per questo, oltre al preziosissimo lavoro di Mukwege, capace di operare anche i casi più gravigratuitamente, è da sottolineare il contributo di Kitumaini. Il medico che si occupa del progetto è Tété Kayembe M’Bowa, che ha lavorato per anni insieme allo stesso Mukwege. Le donne che hanno beneficiato di aiuto in questo modo sono oramai migliaia.
Una volta guarite l’assistenza del centro sostenuto da Imola non si esaurisce. Infatti viene offerto alle donne supporto familiare, corsi di alfabetizzazione e formazione professionale e, grazie al microcredito, fondi per avviare attività di piccolo commercio. Vengono accompagnate fino al reinserimento nella società, un risultato che annulla l’effetto voluto e cercato con le violenze. La violenza sessuale in Congo, infatti, assume toni particolarmente drammatici: lo stupro iniziò ad essere utilizzato come vera e propria arma durante le guerre degli anni Novanta, i cui effetti sono ancora oggi ben visibili.
Nelle campagne congolesi la società è incentrata sul ruolo della donna. I mariti sono spesso assenti, così spetta alle mogli sostenere la famiglia, assicurando cibo e istruzione ai figli. Violentare una donna significa disgregare il tessuto sociale del villaggio perché questa non viene più considerata degna né utile, viene allontanata dalla famiglia e dalla popolazione. Il centro Kitumaini cerca di scongiurare questo fenomeno con un lavoro culturale, che ha portato nel tempo molti uomini ad accettare comunque la moglie e a continuare a vivere con lei.
Gli stupri colpiscono persone che vanno dai 4 ai 70 anni, senza distinzioni. Spesso a compierli sono gruppi di uomini, generalmente militari e frequentemente vengono utilizzati anche fucili o armi con effetti devastanti. Gli interventi del dottor Mukwege permettono la sopravvivenza delle donne, mentre col sostegno del centro Kitumaini hanno l’appoggio per le lunghe convalescenze necessarie a volte per ristabilirsi, anche per le malattie che spesso contraggono.
Alla notizia del premio a Mukwege, Pierre Lokeka, responsabile di Kitumaini e referente del comitato Imola-Bukavu, ha commentato: «Speriamo e preghiamo che questo Nobel aiuti a capire l’importanza delle attività svolte dal centro. Non possiamo nemmeno stimare quanto abbiamo contribuito all’aiuto di queste donne». Una comunità che non lascia sole le donne e offre la speranza e la possibilità concreta di andare avanti è l’arma premiata dalla comunità internazionale per la promozione della Pace. (le.vi.)
L”articolo è tratto dal «sabato sera» del 18 ottobre
Sullo stesso argomento la testimonianza di Noemi Dalmonte
Nella foto donne congolesi