Imola vuole le riserve del ConAmi per il bilancio, gli altri sindaci dicono: prima Cda e piano industriale. L”analisi della situazione
Il Comune ha battuto cassa al ConAmi chiedendo anche il riparto delle riserve per chiudere il bilancio 2018 in equilibrio. Gli altri 22 sindaci vorrebbero prima avere un nuovo Consiglio di amministrazione, dopo che quello in carica si è dimesso (quattro su cinque) all’inizio di agosto. La prossima puntata della telenovela, cioè l”assemblea dei Comuni soci, è fissata per domani, venerdì 12 ottobre. Nei giorni scorsi Imola ha inviato agli altri sindaci nomi, curriculum e lettere motivazionali dei 34 che hanno presentato la loro candidatura per il Cda in base all’avviso generico di selezione. Si tratta di 24 uomini e 10 donne, da Bologna a Imola fino a Castel Bolognese, tra i laureati prevalgono quelli in Economia, Giurisprudenza o Scienze politiche, qualcuno in discipline tecniche. Qualche nome noto dalle file dei comitati antidiscarica. Nel frattempo, il M5s, partito di maggioranza a Imola, ha annunciato che organizzerà un sit-in davanti alla sede di via Mentana durante la riunione perché «la democrazia è a rischio» e «serve una mobilitazione generale». Cosa che stride un po” con la richiesta di «assoluta collaborazione istituzionale» auspicata da Manuela Sangiorgi, sindaca di Imola.
Tradotto dal politichese, classica manovra di sostegno per forzare la mano agli altri sindaci e magari guadagnare margini di manovra sui nomi da proporre. I sindaci, però, hanno risposto compatti (compresi quelli di area diversa dal centrosinistra o dal Pd, come Dozza, per rimanere nel circondario). Qualcuno, per la precisione Stefano Golini di Mordano, ne ha approfittato per scrivere una lettera ai giornali nei quali si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa sul filo dell’ironia: «La decisione unilaterale di tenerci fuori da Area Blu si trasforma in un clamoroso boomerang per Imola e in una inaspettata opportunità per Mordano, in quanto ci conferisce il diritto di veto proprio sulla nomina del presidente e del CdA» (in effetti, in base all’articolo 26 dello Statuto occorre «il voto favorevole dei Comuni consorziati che hanno in essere contratti di servizio con società partecipate da ConAmi e nelle quali non sono direttamente soci»).
Secondo Sangiorgi posporre la decisione è stata «un’azione che mette in evidente difficoltà il Comune». Per gli altri sindaci una «riflessione di responsabilità», per usare le parole del castellano Fausto Tinti, sull’opportunità di andare alla ridistribuzione delle riserve alla luce della diminuzione delle stesse come contraltare a quella sugli utili per i prossimi anni alla luce dei mancati introiti alla voce discarica. Ad avvalorare questa lettura la delibera approvata all’unanimità a maggio (per Imola c’era il commissario straordinario Cogode), su proposta dell’allora Cda e inserita nel piano triennale ConAmi, che prevede per l’appunto di non andare a riparto delle riserve per quest’anno.
«La precedente amministrazione comunale di Imola aveva redatto un bilancio preventivo considerando un riparto di riserve di circa tre milioni di euro nonostante le indicazioni del nuovo statuto non lo consentissero – sostiene il Comune di Imola -. In seguito, la commissaria straordinaria Cogode aveva poi ridotto tale cifra a circa due milioni di euro in quanto la copertura derivante dai fondi del ConAmi non era sufficiente». In cassa al momento ci sono circa 4 milioni di riserve. Tinti ricorda: «Così facendo si lascerebbero le casse vuote ai sindaci che verranno eletti il prossimo anno» riferendosi alle amministrative 2019 dietro l”angolo per otto dei dieci comuni del Circondario (esclusi Imola e Castel del Rio).
Per chi non lo sapesse, il 5 giugno il «forziere» ConAmi ha già distribuito ben 8 milioni e 100 mila euro di utili in quota parte ai 23 Comuni (Imola ha il 66,13%), in crescita rispetto all’anno precedente. Al Consorzio fanno capo reti e impianti gas, acqua, elettricità e la discarica di Imola, affidati per la gestione ad Hera Spa (nonché 108 milioni di azioni sempre di Hera Spa che producono da sole oltre 10 milioni di entrate).
Le note vicende legate alla discarica Tre Monti hanno fatto scendere in parte i ricavi del ConAmi, cioè quanto paga Hera per l’utilizzo dell”impianto è calato da 2,5 milioni del 2015 a 1,4 milioni nel 2017 per effetto della diminuzione dei conferimenti. Per i prossimi anni vanno fatti velocemente aggiustamenti al piano industriale, se si ritiene che la chiusura della discarica sia davvero definitiva.
Questo, ovviamente, se si crede che il ConAmi debba continuare la sua attività e distribuire utili alle casse dei Comuni anche per i prossimi anni. «Il Consorzio Ami è patrimonio comune e non può essere depredato a colpi di maggioranza» conclude senza mezzi termini Golini. (l.a.)
Nella foto la sede del ConAmi