Ezio Conti presidente nazionale dell”Urca, associazione venatoria che ha a cuore la protezione degli ecosistemi
Il Consiglio nazionale dell’Urca, l’associazione che raggruppa i cacciatori dell’Appennino, lo scorso 14 settembre ha eletto l’imolese Ezio Conti alla carica di presidente. Una passione, quella per l’attività venatoria, respirata in famiglia fin da ragazzo, anche se non vissuta in prima persona fin da subito. «Ero figlio di contadini – racconta il neopresidente – e i miei fratelli andavano a caccia. Però i soldi erano pochi e io dovevo studiare…».
Oggi in pensione, Ezio Conti è ingegnere elettrotecnico e vanta un passato di progettista all’Anthos, la divisione della Cir poi passata a Cefla, specializzata nelle macchine e attrezzature odontoiatriche e ospedaliere. Ed è stato anche direttore generale dell’Asspi di Bologna, l’associazione sindacale dei piccoli proprietari immobiliari.
L’Unione regionale cacciatori dell’Appennino si è costituita in Emilia Romagna nel 1991 per volontà del senatore del Pci Araldo Tolomelli, allo scopo di gestire la fauna ungulata (cervi, caprioli, daini, cinghiali) attraverso un prelievo venatorio selettivo e programmato. Da allora si sono costituite via via altre Unioni regionali, dal Piemonte alla Sicilia, sino alle 14 attuali. «L’Urca – specifica Conti – si articola a livello territoriale in sezioni regionali, provinciali ed eventualmente locali».
La prima assemblea congressuale di tutte le Unioni regionali si è tenuta nel 2001 a Sasso Marconi, costituendo così l’Urca nazionale. Attenzione però, l’Urca – tiene a rimarcare Conti – non è una delle «tante, tantissime, troppe» associazioni venatorie, tantomeno intende fare loro concorrenza, anche perché associa soltanto cacciatori che siano selettori. «L’Urca – spiega il neopresidente – è l’unica associazione a carattere venatorio che, diversamente da tutte le altre associazioni, interpreta e adotta totalmente la 157, la legge nata nel 1992 che permette l’attività venatoria su tutto il territorio nazionale».
La 157, al punto due dell’articolo 1, recita infatti: «L’esercizio dell’attività venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole». Esigenza di conservazione della fauna che l’Urca ha reso ancor più esplicita implementandola. La sua mission – recita infatti il Manifesto fondativo – è la conservazione degli ecosistemi, comprensivi di tutte le specie animali, nessuna esclusa. «Pertanto – chiarisce Conti -, per come è concepita dall’Urca, la caccia non è uno sport ma una forma di gestione che risponde a principi di conservazione della risorsa naturale rinnovabile costituita dalla fauna».
Non solo. Tra gli obiettivi esplicitati dal Manifesto c’è la crescita della sensibilità naturalistica. «Io sono andato nelle scuole a spiegare che tutti gli ecosistemi vanno preservati », racconta Conti. A conferma di ciò, il 12 maggio 2006 è giunto un ambito riconoscimento: con decreto del ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, l’Urca è stata riconosciuta come «associazione di protezione ambientale». In altre parole, una associazione di cacciatori equiparata, per le finalità e l’attività svolta, alle associazioni ambientaliste. Caso unico in Italia. (fu.an.)
L”articolo completo è su «sabato sera» del 4 ottobre
Nella foto Ezio Conti