Il viaggio della vita di Alessandro Balducci, dipendente Cefla che ha percorso 6.000 chilometri in moto sulle Ande
Il viaggio della vita con la moto di sempre. Alessandro Balducci, 51enne di Massa Lombarda e impiegato alla Cefla di Imola, è solito fare vacanze diverse dall’idea comune di relax o viaggio. Lui la strada preferisce percorrerla metro dopo metro e sulle due ruote. E dopo mete come Marocco, Tanzania, Sudafrica e Australia, questa estate ha optato per i 6.000 chilometri della Transandina, lungo le cordigliere dall’Ecuador al Cile, attraverso Perù e Bolivia. Un’avventura di 26 giorni che ha intrapreso in gruppo con altri 10 motociclisti grazie al tour operator «Viaggi avventure nel mondo»: per la maggior parte estranei, più un milanese ed uno svizzero conosciuti in avventure precedenti.
«E’ stato davvero il viaggio della vita, una natura incredibile dai colori mai visti e rovine a testimonianza delle antiche culture andine – racconta -. Certo, quando si viaggia gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo, per questo è necessario partire con un grande spirito di adattamento in valigia e lasciare a casa le paure».
Partiamo proprio dagli aspetti negativi del viaggio.
«Abbiamo dovuto fronteggiare cambi di percorso e cadute, cose normali quando si viaggia on the road, ma ci sono due aspetti che l’organizzazione poteva affrontare meglio per facilitare il viaggio: la burocrazia per lo sdoganamento dei veicoli da un Paese all’altro che ha richiesto tempo e denaro extra, e i veicoli di supporto al seguito della spedizione che si sono dimostrati inadeguati al trasporto delle due moto che nel corso del viaggio si sono rotte, tra le quali proprio la mia. Ma con spirito di adattamento e rimboccandoci le maniche abbiamo risolto ogni difficoltà e il bilancio del viaggio è straordinario».
Con che mezzo sei partito?
«Ho lasciato in garage la moto da strada e ovviamente ho scelto l’altra, una Ktm 690. L’ho spedita in nave due settimane prima di prendere il volo per Guayaquil, in Ecuador, e l’ho imbarcata nuovamente prima di lasciare il Sudamerica. Arriverà a fine ottobre e dovrò risolvere il problema elettronico che l’ha messa ko e quindi immatricolarla di nuovo, perché in uno dei tanti off-road ho perso la targa».
Come hai proseguito il viaggio senza moto?
«Il coordinatore del viaggio è caduto e si è fatto male, non poteva più guidare e quindi ha proseguito sul furgoncino di servizio che seguiva la spedizione, caricando anche la propria moto. Quando, in seguito, ho dovuto caricare la mia, mi ha fatto usare la sua. Una sfortuna per lui, una fortuna per me: le carrettiere sterrate sud-americane sono fantastiche, non percorrerle su due ruote sarebbe stato il peccato più grande».
Che tipo di «off-road» avete fatto?
«Abbiamo guidato su qualunque tipo di fondo, dalla sabbia, al ghiaino, alle pietrine. Il deserto in Bolivia, chiamato Salar de Uyuni, è stato uno dei tratti più divertenti: una distesa immensa di sale solido, come asfalto grezzo e irregolare, dove si può fare davvero qualunque cosa con la moto. Un’esperienza impagabile». (mi.mo.)
L”intervista completa è su «sabato sera» del 4 ottobre
Nella foto Alessandro Balducci