Da Mascagni a Mascanhi, il brasiliano Izidoro chiama Medicina per ritrovare le origini italiane
Il portoghese è la lingua ufficiale del Brasile. E in tale lingua il suono biconsonantico «gn» della lingua italiana (gnu, gnocco) viene tradotto in «nh», pur conservando la medesima pronuncia, come nel caso del noto calciatore brasiliano Ronaldinho. O come nel caso del brasilo-medicinese Izidoro Mascanhi, il cui cognome originario Mascagni è diventato, nel corso del tempo, appunto Mascanhi.
«Mi chiamo Izidoro Mascanhi e sono brasiliano. Ma sono anche Isidoro Mascagni e ho molta Italia dentro di me», scriveva il protagonista di questa storia qualche mese fa su Sei di Medicina se, la pagina Facebook che raccoglie, fra le altre cose, storie e aneddoti di medicinesi di Medicina e, a quanto pare, non solo. L’intento di Mascagni-Mascanhi era quello di raccontare le sue radici per fare emergere, magari, altri dettagli della propria storia familiare.
Così, incuriositi, abbiamo preso contatto col giovane brasiliano (trentatreenne ed insegnante di portoghese), prima tramite il social network e poi scambiando e-mail in italiano, lingua preferita dall’interlocutore straniero anche perché più simile al portoghese rispetto all’inglese. E da oltreoceano è giunta fino a noi una storia ormai lontana nel tempo, ma comune a non pochi medicinesi partiti alla fine dell’Ottocento alla volta del continente americano in cerca di fortuna.
Come peraltro documentato con dovizia in “Trenta giorni di nave a vapore”, libro pubblicato nel 2010 da Lorenza Servetti, professoressa in pensione del liceo Giordano Bruno di Budrio nonché ricercatrice dell’Istituto storico Parri. Libro di cui sabato sera ha scritto in occasione di una presentazione avvenuta nello stesso anno di pubblicazione proprio a Medicina, cui hanno partecipato molti medicinesi interessati a trovare tracce dei propri antenati partiti decenni prima. Una raccolta di storie di emigrazione comprese fra il 1880 ed il 1912 e riconducibili a valle dell’Idice, Castenaso, Castel Maggiore, Molinella, Budrio ed anche Medicina.
Un capillare lavoro di ricerca da cui è emerso che almeno seicento persone sono partite da tali territori, talvolta indotte anche con l’inganno, alla volta di Stati Uniti e Brasile. «Ho trovato circa 333 medicinesi che si recarono in Brasile – ha raccontato la professoressa -. Perché proprio laggiù? Perché la schiavitù fu abolita solo nel 1888 e il Governo si trovò all’improvviso ad avere bisogno di manodopera a basso costo. Puntò sull’Italia perché era la nazione europea allora maggiormente colpita dalla crisi economica. Così il Governo brasiliano fece delle leggi apposite per favorire l’immigrazione dal nostro paese. Istituì a Genova veri e propri uffici con uomini che “battevano” le campagne alla ricerca di famiglie indigenti. Si presentavano all’uscita della messa o davanti alle osterie e promettevano un viaggio gratuito, un lavoro assicurato nelle fazende che producevano il caffè e, soprattutto, la possibilità in poco tempo di avere un lotto di terra da comprare».
Tornando a Mascanhi, non c’è modo di sapere se i suoi antenati siano partiti liberi e felici oppure perché ingannati con false promesse. «Il popolo brasiliano – ci risponde Izidoro dall’altra parte dell’oceano – è formato da diverse origini etniche: indigene, africane, asiatiche ed europee. Sono orgoglioso di essere brasiliano ma anche delle mie origini estere, perché hanno contribuito alla formazione di quello che sono, al modo in cui penso, mi nutro, vedo me stesso e perfino il mio stesso nome. Posso dire che metà del mio sangue viene dall’Italia, perché quattro dei miei otto bisnonni erano italiani. Sono venuti in Brasile per lavorare nelle piantagioni di caffè alla fine del diciannovesimo secolo e non sono mai tornati in patria, stabilendosi qui in Brasile con le loro famiglie e le loro nuove radici, ma senza mai dimenticare la cara Italia».
Mascanhi-Mascagni, grazie alla legge 91 del 1992, ha potuto richiedere al consolato italiano di São Paulo il riconoscimento della cittadinanza italiana jus sanguinis, cioè attraverso la linea di sangue, che si rifà indietro nel tempo fino a quattro generazioni. Per fare questo ha richiesto ed ottenuto i certificati di nascita del bisnonno Ercole Mascagni e di matrimonio con Teodolinda Gollinelli, la bisnonna anch’essa medicinese.
«Sarò molto orgo-glioso di essere un cittadino italo-brasiliano – dice – perché porto nel mio nome un marchio dell’Italia, un cognome tipicamente italiano. (mi.mo)
L’articolo completo è su «sabato sera» del 30 agosto
Nella foto la cartina tratta dalla rivista Limes relativa all”immigrazione italiana in Brasile