Matteo Sabbatani presenta “A mani alzate” alla Biblioteca comunale
Dopo aver scritto e pensato molto, Matteo Sabbatani, con il suo nuovo lavoro A mani alzate, intende proporre il risultato di una riflessione che riguarda sia la sua produzione letteraria che il suo pensiero e, in fin dei conti, la sua vita.
Apre cassetti virtuali, più o meno distanti nel tempo, ne esamina il contenuto e ce ne propone un distillato di prosa e poesia che ci accompagna lungo tutte le pagine di questo libro. Detto in quattro parole sembra assai facile, ma in verità si tratta di una riflessione che riguarda un’intera esistenza, come ci spiega meglio lo stesso autore.
«Ecco, finalmente sono solo e pare che il silenzio – tra le morbide spire del quale, volentieri, mi lascio cadere come in un abbraccio – non mi sia ostile; ecco che, anzi – quieto e benevolo, quasi leggesse il momento per quello che è – sembra disposto a coccolarmi un po’, cosa che – a dire il vero – a me, a noi poeti, capita spesso, ma che – in questo caso – s’accompagna ad una commozione sincera, ad una sentita gratitudine.Vedete, sono giorni – questi – in cui quel cappio invisibile che è il tempo – per chissà quale imperscrutabile ragione – si fa sempre più stretto, sino a pretendere per sé l’intero proscenio dell’anima: no, non credo voglia soffocarmi; no, penso abbia in serbo per me una di quelle sorprese che – di tanto in tanto – si diverte a disseminare lungo la scia del mio destino, un pacco regalo fuori stagione il cui reale contenuto mi sarà noto – ovviamente – solo dopo che lo avrò scartato.Per ora, infatti, c’è soltanto una bella tavolozza di colori davanti a me, metaforicamente parlando; c’è – di fronte – un foglio vuoto, bianco, in attesa – pure lui – di sapere quali saranno i tratti del disegno che le sue fibre conserveranno – si spera – in eterno; c’è – appunto – quel cappio che chiamiamo tempo la cui corda non smette di pencolare ritmicamente tra il sogno e la ragione o, come avrebbe detto De André, “tra l’aorta e l’intenzione”; c’è – in fine – quest’uomo che sono, che di anni – a proposito di tempo – ne ha quaranta e che – per un bislacco volere della sorte – si ritrova, per l’ennesima volta, a dover tentare di spiegare l’inspiegabile, cioè il senso di un’empatia – quella tra se stesso e la scrittura – che è stata, è e sarà – per lui – un approdo sempre certo, un incrollabile pilastro esistenziale, il porto più sicuro in cui attraccare all’abbisogna, una fedele compagna di vita e tanto, tanto altro ancora.Dunque, ogni singolo colore della tavolozza – di fatto – non è altro che un prisma: la luce che rifrange è quella del presente, dell’oggi, ma l’emozione che riflette è figlia di un trascorso e – inevitabilmente – assume le sembianze di un ricordo più o meno lontano, più o meno piacevole, più o meno intimo e personale. Conosco a menadito tutti gli arcobaleni che – giocando di sponda col prisma – quella luce proiettano sul muro: quindi sorridendo, li guardo e – sì – ammetto che l’idea – per così dire – di “riaprire le finestre”, i quaderni, i cassetti e le stanzette virtuali non è poi tanto balzana, tanto assurda, tanto campata in aria e può aiutarmi – chissà – a fare ordine anche, se non soprattutto, dentro me stesso. Sì, è una fortuna poter contare sulla precisione e – in un certo qual modo – «sull’immortalità» della scrittura, sapete perché? Perché più scartabello, più mi rendo conto che, in tutti questi anni, nulla – né di me, né del mondo attorno a me – le è sfuggito, tal che – se mi si chiedesse: “Com’è nata questa Antologia?”» – senza alcuna remora, risponderei: “In contumacia, per autopoiesi!».
Il libro A mani alzate, pubblicato da Bacchilega editore, sarà presentato alla Biblioteca comunale di Imola sabato 12 maggio alle ore 10.30 e sarà in vendita dalla prossima settimana al prezzo di 12 euro. (r.c.)