Storie della Liberazione, quando un ponte sul Correcchio fece passare i polacchi
Gli episodi legati alla liberazione, avvenuti il 14 aprile 1945, o nelle giornate immediatamente precedenti o successive sono numerosi, ma il più delle volte la loro memoria si è perduta man mano che i protagonisti ci hanno lasciato. Non è questo il caso di Leo Monduzzi, all’epoca quindicenne, che ricorda con chiarezza quanto avvenne in quei giorni. «Quei ricordi sono sempre stati presenti nella mia memoria – precisa Leo – ma se ne restavano fermi e non sentivo la necessità di farli uscire. Da un po’ di tempo, però, ho cominciato a pensare che un episodio in particolare meritava di essere raccontato, perché tutti potessero conoscerlo».
Siamo nell’aprile 1945, gli Alleati stanno preparando una grande offensiva per conquistare la Pianura Padana e sperano di dare il colpo definitivo alla Germania di Hitler e ai suoi alleati. I preparativi includono incursioni aeree e bombardamenti di artiglieria per indebolire il nemico e spianare la strada all’avanzata. «Eravamo sfollati nel podere Brenta, condotto dai miei zii Monti, di proprietà del padre di Ebe Stignani – racconta Leo – che si trova tra via Casalegno, via Correcchio e vicolo Crucca. Bombe e granate cadevano sempre più spesso e, per ripararci, furono scavate delle piccole gallerie nella sponda del Correcchio, poco più che misere tane dove ci si stava a malapena e molto scomodi; comunque, grazie a queste, avemmo un minimo di protezione. Ricordo che uno di quei giorni mi trovavo nei campi, quando vidi arrivare un cacciabombardiere a volo quasi radente, rapido mi gettai in un fosso, mentre l’aereo sganciava le due bombe che portava sotto le ali per colpire il ponte sul Correcchio a Pontesanto e bloccare la ritirata ai tedeschi. Mancò il bersaglio! Una bomba cadde da un lato del ponte e una dall’altro, nell’aia del podere oggi sede di Hera. A farlo saltare forse ci pensarono i tedeschi, dopo che ebbero fatto passare i loro mezzi».
L’offensiva alleata, iniziata sul Senio tra il 10 e l’11 aprile, stava raggiungendo Imola. I tedeschi se ne andarono dalla città e dai dintorni tra il 13 e il 14, lasciando solo pattuglie e cecchini per rallentare l’avanzata. I polacchi infatti, stavano avanzando a nord della via Emilia e il loro obiettivo principale era raggiungere e prendere Bologna, per avere così il controllo su una vasta area della Pianura Padana. «Quell’ufficiale parlava abbastanza bene l’italiano e voleva sapere se c’erano ancora ponti transitabili – spiega Leo – e io gli risposi che i tedeschi li avevano distrutti. Mi propose di salire con lui sulla cingoletta e di fargli da guida e io accettai. Usciti dalla stradina che dal podere Brenta mette in via Correcchio, indicai all’ufficiale un ponticello, rimasto intatto perché alcuni uomini, penso appartenessero alle Sap, avevano sabotato i contatti che azionavano le mine fabbricate dai tedeschi. “Bene, passeranno di qui” propose l’ufficiale.
f.t.
L”articolo completo su «sabato sera» in edicola dal 25 aprile.
Nella foto: il ponte che immette nella proprietà che oggi appartiene alla famiglia di Luigi Grandi