La storia di Giuseppe Ianuario, uno dei bimbi di Napoli accolto e cresciuto a Imola
Giuseppe Ianuario ha gli occhi che ridono, una simpatia contagiosa, la battuta pronta. Il cognome e la verve partenopea tradiscono le sue origini napoletane, anche se l’accento è romagnolo. Ianuario è stato uno dei bimbi di Napoli accolti a Imola all’inizio del 1947. Una vera e propria gara di solidarietà che ha visto protagoniste tante famiglie del centro-nord, anche imolesi. Attraverso i documenti conservati all’Archivio storico Carducci, le ricercatrici Maria Amadore e Franca Montanari hanno ripercorso questo capitolo di storia locale nelle puntate pubblicate dal sabato sera il 18 gennaio e l’8 marzo scorso. Dopo aver letto quelle pagine, in cui veniva citato anche il suo nome, Ianuario ha contattato la nostra redazione curioso di incontrare le ricercatrici e vedere i documenti d’archivio relativi al suo percorso scolastico. «Dal giornale ho imparato che ho ripetuto la prima elementare due volte. Io non me lo ricordavo proprio» ammette scherzando.
L’incontro all’archivio Carducci è stato utile a ricostruire un tassello della sua singolare storia. «Ho avuto un babbo e una mamma di Napoli, Giuseppe Ianuario come me e Anna Liberti – racconta – e un babbo e una mamma di Imola, Andrea Tosi e Renata Alvisi, che mi hanno sempre voluto bene come se fossi figlio loro. Dovevo rimanere a Imola solo per tre mesi. Invece sono rimasto quasi tre anni, fino al 1950. Allora i genitori di Napoli hanno voluto che tornassi da loro. Però non mi trovavo più bene là e ho chiesto di poter tornare a Imola. I miei genitori erano rimasti in contatto. Così mi lasciarono andare, anche se non hanno mai voluto che fossi adottato. I miei genitori si sono incontrati più volte a Imola e a Napoli, i rapporti sono sempre stati buonissimi, la mia era un po’ una famiglia allargata. E fino a poco tempo fa, ogni tre o quattro anni, facevamo a Napoli l’assemblea dei fratelli».
Giuseppe Ianuario è sesto di otto figli. In quel lontano 1947 aveva 7 anni ed era arrivato a Imola assieme a due sorelle, Maria, di 12 anni, e Bianca, di 10. «Eravamo un gruppo di un centinaio di bambini – racconta -. Ricordo il viaggio in treno. Poi ci portarono alle scuole Carducci. So che dormivo in braccio a una signora e fu lei a passarmi a un signore che mi avvolse in una coperta». Quel signore, di nome e di fatto, era Andrea Tosi. «Per me è stato più di un babbo. Nel tragitto verso casa persi una scarpina. Per fortuna era calzolaio, aveva la bottega in via Framello. Appena arrivato a casa, mi fecero subito il bagno in una catinella. Poi mi hanno detto che ho dormito per due giorni di fila. Facevo fatica a parlare, perché balbettavo. Non sapevo neanche dove fossero le mie sorelle. Qualche tempo dopo, per caso, le ho incontrate in viale Dante. Loro alla fine dei tre mesi sono ripartite per Napoli. Io, invece, sono rimasto e ho frequentato la scuola, prima e seconda alle Carducci, la terza a Montebello. A Imola avevo degli amici e con loro mi divertivo, mi prestavano la loro bicicletta, giocavamo a calcio oppure con gli archi e le spade fatti con le canne. Abitavo di fianco al Buon Pastore e spesso giocavamo lungo il canale dei Molini, che allora era scoperto».
Una volta tornato definitivamente a Imola, Ianuario ha lavorato con il babbo imparando il mestiere di calzolaio svolto in via Quaini (dove oggi c’è il ristorante) e tra l’inizio degli anni Sessanta e il 1972 in piazza Romagna. Lì ha anche conosciuto sua moglie, Maria Luisa Casselli, titolare della merceria accanto alla sua bottega. L’anno scorso hanno festeggiato 50 anni di matrimonio. Oggi, a 78 anni, Ianuario sorride mentre ripensa alla sua vita. «Sono stato fortunato – conclude – ho avuto quattro genitori!».
lo.mi.
L”articolo completo su «sabato sera» del 5 aprile.
Nella foto: Giuseppe Ianuario oggi
Grandezza di un bambino che conferma di essere ancor oggi un grande uomo.