Clima, dal 1998 le stagioni non sono più le stesse. I dati dello Scarabelli
Non ci sono più le stagioni di una volta: un luogo comune o un dato di fatto? L’occasione per capire come è cambiato il clima a Imola negli ultimi settant’anni e quali effetti ne sono conseguiti è stato il convegno Mutamenti climatici, impatti sul territorio, organizzato lo scorso 17 marzo dall’Associazione ex allievi dell’Istituto agrario Scarabelli.
Nel corso dell’iniziativa è stato anche presentato il nuovo Annuario climatologico, che raccoglie i grafici con i dati registrati dal 1945 al 2017 dalla stazione meteo dell’istituto di via Ascari. Innanzitutto, sfatiamo un luogo comune. «Non è vero che piove di meno rispetto a un tempo – ha spiegato nel suo intervento Fausto Ravaldi, referente della stazione meteo dello Scarabelli -. Il livello delle precipitazioni in millimetri è tornato a quello del secondo dopoguerra e non avendo dati relativi ai primi anni del ’900 non sappiamo se siamo di fronte a un evento ciclico. Il numero di giorni di pioggia non è cambiato, ma gli intervalli fra gli eventi piovosi sono aumentati. Questo significa anche che piove sempre di più sul bagnato, cioè quando meno ce n’è bisogno e quando il terreno, già saturo, non riesce più ad assorbire l’acqua. Per questo cede, causando spesso frane e smottamenti».
Un effetto a cui stiamo assistendo proprio in questi giorni. Le estati, invece, sono sempre più calde e siccitose. C’è una data che fa da spartiacque, il 1998. «Dalla fine degli anni ’90 in poi – conferma Ravaldi – l’andamento climatico estivo è cambiato. Prima le estati non erano particolarmente calde e siccitose, con massime raramente al di sopra dei 37°. Dal 1998 le estati tendono a essere molto calde e pericolosamente siccitose, con un rischio maggiore di cedimenti del terreno e con punte massime in costante aumento, fino ai 43,8 gradi registrati il 4 agosto 2017, record di questi ultimi 72 anni. Perché proprio il 1998? Non so, ma è vero che la nostra impronta ecologica sta diventando ormai insostenibile per il pianeta. Il riscaldamento globale è una situazione irreversibile».
Un tempo, d’estate, si parlava molto più spesso di anticiclone delle Azzorre. Oggi è stato soppiantato dall’anticiclone africano, responsabile di correnti d’aria molto calda, provenienti da sud-ovest anche in primavera e autunno inoltrato. Sull’Annuario alcuni esperti mettono in evidenza gli effetti a catena sul nostro ecosistema di tutte queste variazioni, in particolare per quanto riguarda le popolazioni di pesci, insetti e funghi. Insetti comunemente presenti nelle regioni meridionali, come l’afide verde degli agrumi, si sono acclimatati anche nella nostra zona, riuscendo a sopravvivere in inverno. L’alterazione delle fioriture causate da precipitazioni mal distribuite si ripercuote anche sulla produzione di miele e sulle popolazioni di api. Gli inverni miti stanno facendo diventare rari funghi come spugnole e prugnoli. E sono solo alcuni esempi.
lo.mi.
Nella foto (archivio «sabato sera»): il fiume Santerno nel gennaio 1985, quando la temperatura raggiunse i -17°