Erboristi, il decreto legge che rischia di cancellarli
Il solito pasticcio all’italiana questa volta ha fatto infuriare gli erboristi, assieme ad associazioni, federazioni e sindacati di un settore che in Italia comprende circa 5 mila erboristerie attive, almeno 6-7 mila addetti ai lavori e 2.600 studenti iscritti alla decina di corsi di laurea in Scienze e Tecniche erboristiche presenti sul suolo nazionale. La causa scatenante è il decreto legge che, come effetto collaterale, rischia di sopprimere di punto in bianco la figura professionale dell’erborista.
Ferruccio Poli, coordinatore del corso di laurea in Scienze farmaceutiche applicate dell’Università di Bologna, che proprio a Imola ha la sede didattica dell’indirizzo in Tecniche erboristiche con 233 iscritti, ha ricostruito per noi la vicenda. «A fine dicembre – spiega – è stato preso in esame alla Camera, su proposta del ministero dell’Agricoltura, il nuovo decreto legislativo che regolamenta la coltivazione, raccolta e prima trasformazione (ovvero lavaggio, defoliazione, cernita, essiccazione, taglio ed estrazione di oli essenziali) delle piante officinali, nell’intento di aprire il settore anche agli agricoltori. In base alla legge 99 del 1931, questa prerogativa era finora riservata solo a chi possedeva il diploma di erborista. Dunque, per dar modo anche agli agricoltori di effettuare queste operazioni, il decreto prevede l’abrogazione della legge del 1931, senza tenere conto del fatto che quella è l’unica legge che regola la professione dell’erborista e l’impianto legislativo su cui si basano tutti i diplomi universitari in Erboristeria, istituiti sin dal 1985-86, più le lauree triennali create dal 2000, ovvero tutti i percorsi richiesti per formare gli erboristi. Da qui la paura delle associazioni degli erboristi e l’allarmismo che ne è derivato».
Per il professore, infatti, non è ancora detta l’ultima parola. «Lo scorso 6 gennaio – prosegue – in qualità di rappresentante di tutti i corsi universitari d’Italia in Erboristeria, assieme alle quattro associazioni nazionali degli erboristi, abbiamo presentato al ministero dell’Agricoltura la richiesta di un emendamento al decreto, per fare in modo che non venga cancellato l’articolo 8 della legge 99/1931, quello cioè relativo all’istituzione della figura professionale dell’erborista per la miscelazione delle piante officinali. Attendiamo per fine mese il riscontro da parte del ministero».
Sempre a fine mese, scade il termine per l’espressione del parere di Camera e Senato. L’iter di approvazione prevede anche che sul provvedimento si esprimano prima il Consiglio di Stato e la Conferenza unificata Stato-Regioni. La bozza del decreto riporta tra l’altro che «nel corso delle audizioni è stato da più parti sottolineato l’inopportunità di abrogare in toto il provvedimento in esame, soprattutto laddove disciplina la figura e l’attività dell’erborista, che in tal modo non troverebbe più alcuna regolamentazione specifica nel settore». Dunque è lecito sperare che si riesca a rimediare alla clamorosa svista. Resta il fatto, però, che la modalità con cui si è messo mano alla legge originaria rivela una certa leggerezza.
Intanto, nei giorni scorsi sono state presentate in Regione due risoluzioni, entrambe approvate da tutte le forze politiche, con un invito rivolto alla Giunta a intervenire appunto in sede di Conferenza Stato-Regioni per rimediare al vuoto normativo che si verrebbe a creare con l’abrogazione della suddetta legge. «La conseguenza – si legge nella prima risoluzione – non sarebbe solo quella, già grave, di rendere vani i sacrifici economici e personali affrontati dai laureati e dagli studenti frequentanti, ma anche quella di dequalificare il settore, consentendo l’accesso alla professione a soggetti assolutamente privi di competenza specifica».
lo.mi.
Nella foto: un particolare del giardino delle erbe di Casola Valsenio