Intervista a Juan Rodriguez, primo colpo del mercato invernale dell”Ic Futsal
Non ha il fisico di un tanguero, anche perché al ballo più famoso del Sudamerica ha sempre preferito il reggaeton. Juan Rodriguez, primo colpo del mercato invernale targato Ic Futsal, è nato nel ’92 da padre spagnolo emigrato in Argentina e madre di origini italiane e ha cominciato a muovere i primi passi a Buenos Aires nel quartiere, o per meglio dire nel barrio, di Parque Avellaneda.
«Fino ai 15 anni mi dividevo tra calcio e futsal – racconta il laterale offensivo soprannominato gallego (galiziano), ovvero il modo con cui gli argentini chiamano chi, come lui, possiede anche il passaporto spagnolo -. Giocavo, come centrocampista o esterno destro offensivo, nel Deportivo Español, squadra della mia città di cui sono tifoso e che ora milita in Terza Divisione. Gli orari, purtroppo, non erano compatibili e, alla fine, scelsi di concentrarmi solo sul calcio a 5».
Il famoso poeta e scrittore Jorge Luis Borges, tuo concittadino, diceva che «ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio».
«I ragazzi giocano un po’ ovunque e, soprattutto, quelli dei quartieri più poveri riescono a sfondare perché hanno più fame degli altri. Buenos Aires, comunque, è una città incredibile e per me non ha eguali al mondo».
In carriera hai militato in patria nell’America del Sud, prima dell’esperienza al Santiago Futsal de España e, in Italia, al Noicattaro, formazione pugliese di A2.
«Ho giocato molte stagioni nella squadra della mia città, ma ho sempre sognato di trasferirmi un giorno in Spagna o in Italia, anche perché qui ho tanti amici come, ad esempio, Matias Rosa del Pescara. Al sud, comunque, ho notato che la gente assomiglia di più a noi sudamericani».
Sei qui da pochi mesi, ma che idea ti sei fatto della nuova squadra?
«Il livello è buono e, all’inizio, non riuscivo a capire come mai i punti in classifica fossero così pochi. Ora siamo in netta crescita e la salvezza è certamente possibile, ma bisogna essere ambiziosi e guardare le squadre davanti e non quelle dietro. In rosa ci sono tanti brasiliani e con gli argentini la rivalità è solo calcistica, perché a me piace il loro stile di vita e invidio la loro allegria».
Fin da subito il tecnico Pedrini ha puntato su di te.
«Fuori dal campo mi ha aiutato molto e, per me, queste qualità vengono prima rispetto a quelle da allenatore. Ero fermo da un mese, dopo la fine del campionato argentino, lui mi ha dato una preparazione e una dieta specifica e ora sto bene. Ho sentito subito la sua fiducia e lo ringrazio per la pazienza che ha avuto con me».
Imola, ovviamente, non è certo Buenos Aires. Come procede l’ambientamento?
«L’italiano è simile allo spagnolo, quindi non sto incontrando troppe difficoltà con la lingua. In generale, comunque, non è semplice perché mi manca la famiglia, gli amici e la mia ragazza che, per fortuna, mi raggiungerà tra poco. Imola è una città molto tranquilla, anche se a volte, non incontrando nessuno in giro, mi chiedo dove sia la gente. In casa abito con i miei compagni di squadra Lari e Magliocca e, vista la loro giovane età, sto facendo la prima esperienza da padre (ride, nda)».
Oltre al calcio ti piacciono altri sport?
«Li guardo quasi tutti alla tivù e da piccolo giocavo a tennis. Mi piace anche il paddle e un giorno forse proverò i nuovi campi vicino all’autodromo. Inoltre, ho una sorella e due fratelli più piccoli e adoro sfidarli alla Playstation».
Tra Puglia ed Emilia Romagna si può dire che tu abbia assaggiato due tra le migliori cucine del nostro Paese.
«Ho subito apprezzato la pasta. Non credevo che si potesse mangiarla tutti i giorni a pranzo, poi ho scoperto che usate un condimento diverso ogni volta. Anche la pizza è diversa perché qui è molto più sottile rispetto alla nostra».
La tradizione argentina, invece, si identifica spesso con l’asado e il mate.
«Una bella grigliata vorrei farla anche qui, ma non ho ancora trovato le carni giuste. Il mate, invece, me lo preparo spesso e penso piaccia anche a Pedrini».
Domanda scontata. Chi è il tuo idolo sportivo?
«Rispondo con una frase che si dice da noi: “io non giudico Maradona per quello che ha fatto con la sua vita, ma per quello che ha fatto con la mia”. Da solo ha portato un popolo intero sul tetto del mondo e non ha senso discutere se sia migliore lui o Messi».
In Argentina avete una bella tradizione anche nel basket.
«Infatti, per me, il migliore in assoluto è Manu Ginobili, che ha fatto la storia di questo sport e, nonostante l’età, è ancora competitivo ad alti livelli».
Lo sai che il capitano della squadra di basket dell’Andrea Costa Imola è il tuo concittadino Patricio Prato?
«Non lo sapevo. Seguo, invece, su Instagram il capitano dell’Imolese Gustavo Ferretti e mi piacerebbe, un giorno, andare a vederlo giocare».
Normale spendere due parole anche per un’altra personalità argentina importante come Papa Francesco.
«Viveva nel mio quartiere e, come arcivescovo di Buenos Aires, era presente alla mia Comunione. Oltretutto, tifa per il San Lorenzo e il loro campo è a cinque minuti da casa mia».
Il vostro senso di appartenenza alla nazione è molto forte. Cosa rappresenta per te la maglia albiceleste?
«Siamo campioni del mondo in carica ed è la camiseta più bella che ci sia. Qui la tengo vicina al letto e la guardo tutte le volte che mi sveglio. Sono stato convocato nelle selezioni giovanili e anche in quella maggiore ma, finora, ho disputato solo alcune amichevoli, oltre ad un torneo a settembre che abbiamo vinto in Thailandia».
Il 22 febbraio compirai 26 anni. Cosa sogni per il tuo futuro?
«A livello sportivo vorrei partecipare a un Mondiale. Più realisticamente, però, mi piacerebbe disputare un campionato al vertice con il club, un po’ come ha fatto Imola l’anno scorso. Fuori dallo sport, invece, vorrei, un giorno, sposarmi, avere dei figli e laurearmi in Scienze Motorie, visto che mi manca solo un anno e mezzo».
da.be.
Nella foto: Juan Rodriguez