Curriculum e colloquio, i consigli dei direttori del personale di quattro grandi aziende
Per una sera i ruoli si sono invertiti e a dover rispondere alle domande sono stati proprio coloro che, per lavoro, ogni giorno fanno domande ai candidati in cerca di assunzione. I direttori del personale e Human resources delle aziende Crif, Curti, Hera e Sacmi sono stati «interrogati» lo scorso 25 gennaio, in occasione dell’iniziativa Jobsmart, giovani al lavoro, organizzata dal Comitato giovani soci della Bcc ravennate forlivese & imolese, seconda di tre puntate che aveva al centro il tema della ricerca del lavoro e per obiettivo dare consigli pratici su come affrontare curriculum vitae e colloquio. Tra il pubblico di una sala Bcc al completo c’erano anche molti studenti al quinto anno dell’Istituto Paolini. L’evento è stato inoltre promosso all’interno degli Istituti Alberghetti, Ghini, del liceo scientifico Valeriani e del Ciofs.
«Oggi non esiste più il cv, ma i cv – entra nel merito Federico Ulisse Giva, responsabile Personale, Mercato, Innovazione e Staff di controllo del gruppo Hera -. Quello cartaceo è solo uno degli strumenti a disposizione; può essere postato, ad esempio, su LinkedIn (il social network che connette i professionisti, Ndr), Facebook, sul sito Alma Laurea o sul portale dell’azienda prescelta. Il vantaggio è che il cv in questo modo può essere aggiornato velocemente e adattato alla realtà per cui ci si sta proponendo. Ma attenzione a non scrivere cose diverse. Tutte le versioni devono essere unite da un fil rouge. Lo stesso vale per le foto. Meglio se si vede la figura per intero e se sono professionali».
In altre parole, niente selfie in bagno, al parco o con gli occhiali da sole. Coerenza, semplicità, originalità e sintesi sono le caratteristiche che piacciono di più agli addetti ai lavori. «A video mi colpiscono molto i cv scritti in bianco su sfondo nero – prosegue il manager -. Di solito ho a disposizione 20 o 30 secondi per vedere se un cv va bene oppure no e una caratteristica che incuriosisce può giocare a favore. Fra poco si arriverà anche a meno di qualche secondo, grazie a un robot in grado di scannerizzare i cv in base ai nostri criteri di scelta e che li scremerà. Ogni anno facciamo circa 500 selezioni, il che significa vagliare circa 3 mila candidati».
Per chi ogni giorno deve scorrere decine e a volte centinaia di curricula, l’immediatezza fa la differenza. «La prima impressione è quella che conta – conferma Chiara Errigo, Human resources senior manager di Crif e responsabile della funzione Human resources del nascente campus aziendale a Varignana -. Un cv non deve essere ridondante. Mi piacciono quelli semplici, in formato classico, con blocchi ben separati e ben chiari, dove riesco a trovare subito le informazioni che cerco. E’ importante far arrivare subito a chi legge le informazioni rilevanti». Alessandro Vicentini, direttore Human resources di Curti, cita un esempio concreto: «La personalizzazione è fondamentale. Qualche giorno fa, ad esempio, mi è arrivato un cv scritto a mano, in bella calligrafia, non troppo lungo. Mi ha colpito anche perché era chiaro che la persona si era documentata ed era interessata al nostro gruppo. Un cv di una pagina e mezza al massimo, denota capacità di sintesi. Chi ha più esperienze, dopo una breve presentazione, può inserire cinque o sei righe per ognuna, cominciando da quella attuale e andando a ritroso». L’originalità sta anche nell’evitare le frasi fatte: la formula «capacità di team building» è ormai inflazionata. Meglio valutare qualcosa di più originale.
Occhio anche a quello che si pubblica sui propri profili social. Se si sta cercando un lavoro, l’esposizione sul web può giocare più o meno a favore. «Anche le aziende guardano i social per vedere quante “facce” hanno i candidati – svela Mauro Berantelli, direttore Human resources del gruppo Sacmi -. L’importante è essere sinceri. Non c’è niente di peggio che riscontrare caratteristiche diverse da quelle dichiarate. Io, ad esempio, guardo cosa fanno i giovani nel tempo libero, i loro hobby e la disponibilità a fare cose diverse durante l’iter scolastico come tirocini, esperienze all’estero, l’Erasmus, se si sono studiate le lingue anche per conto proprio. Ciò dimostra curiosità, voglia di crescere, conoscenza del diverso, che sono per noi presupposti fondamentali».
Se non sono reali, evitare di inserire competenze magniloquenti. Meglio poche, ma vere. Durante il colloquio il selezionatore farà presto a capire dove sta la verità. Agli addetti ai lavori 30 secondi bastano per capire se un curriculum è da cestinare o meno. Lo stesso brevissimo lasso di tempo molte volte basta anche a decretare l’esito di un colloquio di lavoro, anche se per fortuna c’è ancora chi pensa, come Berantelli, che «se porti una persona a colloquio, merita attenzione. Il giudizio basato sulla prima impressione può essere rischioso». Nella lista degli errori da evitare al primo posto c’è il ritardo. «Mi infastidisce – dice perentorio Vicentini -. Se l’appuntamento è alle ore 14, non si può arrivare alle 14.05. Può capitare, ma allora in questi casi si può almeno avvisare». Anche arrivare troppo in anticipo, d’altra parte, non è un segnale positivo. Un altro passaggio cruciale è la stretta di mano. «Deve avere la giusta intensità – prosegue -, non fare male, ma nemmeno essere molle. Basta fare qualche prova prima». Tensione permettendo, presentarsi con un sorriso può essere già un buon biglietto da visita. «Non si può essere arrabbiati al primo colloquio – aggiunge -. In genere guardo anche a come il candidato risponde quando gli offro qualcosa da bere. Per me sono primi segnali».
Superato l’impatto iniziale, un elemento su cui i direttori concordano è il grado di interesse dimostrato verso l’azienda. «E’ importante essere informati – sottolinea Berantelli -, dimostrare di sapere cosa fa l’azienda in questione e con chi si ha a che fare. Sembra un’ovvietà, ma non lo è. Lo stesso vale per l’abbigliamento; deve essere adatto al contesto e a quello che si sta facendo». L’idea che un candidato debba solo rispondere alle domande è superata. Meglio essere curiosi, per non subire il colloquio in modo passivo. Ovvio che al primo incontro le domande non devono contemplare gli argomenti stipendio, tipo di contratto, ferie e straordinari. «La preparazione su ciò che fa l’azienda è fondamentale – esplicita Errigo con un esempio -. Sono bene accette tutte le domande che mi fanno capire che la persona vuole conoscere meglio cosa facciamo, le caratteristiche del ruolo, la formazione necessaria a supporto del percorso professionale. Di solito guardo se la persona è presente nel dialogo e cerco di capire se si troverebbe bene da noi. Una volta, dopo aver presentato l’azienda e il ruolo che cercavamo, ho chiesto alla candidata cosa ne pensasse, ottenendo per cinque o sei volte la stessa risposta poco esaltante: “Carino”…». Altre domande possono essere, ad esempio «qual è la collocazione all’interno dell’organizzazione, quali sono gli obiettivi della figura che si sta cercando, quanto tempo si ha a disposizione per svolgere l’attività richiesta» aggiunge Vicentini.
«Bisogna avere ben chiaro che cosa si vuole – dice Giva-. Se non si è davvero disposti a fare trasferte e si afferma il contrario, si percepisce». Può anche capitare di essere messi virtualmente alla prova. «Spesso uso la tecnica Star (situazione, compiti, azioni, risultati) – prosegue – che permette di capire quali comportamenti sono stati messi in atto in un determinato contesto e quali risultati sono stati ottenuti». E dopo il colloquio? «Se passa un mese – concordano i direttori – è legittimo richiamare per avere un riscontro». Se non è andato a buon fine, nulla vieta di riprovarci tempo dopo, inviando di nuovo il cv. «L’importante è non scoraggiarsi – conclude Giva – e può essere utile restare in contatto con il selezionatore su LinkedIn». Anche all’interno della stessa azienda, la situazione può cambiare nel giro di qualche mese…
lo.mi.
Nella foto: gli organizzatori e i relatori della serata del 25 gennaio scorso