Mercatone, avvisi di fine indagine per otto persone per bancarotta fraudolenta
E’ passato un anno dalla notizia dell’indagine della guardia di finanza per bancarotta fraudolenta per distrazione che ha riguardato ex soci e amministratori del gruppo Mercatone Uno, accusati di aver «spogliato» la struttura commerciale per milioni di euro, attraverso una serie di sofisticate manovre finanziarie e societarie. Nei giorni scorsi, a otto di loro è stato notificato l’avviso di fine indagine, un atto che, di norma, prelude il rinvio a giudizio (oppure l’archiviazione del caso).
L’avviso è arrivato alle figlie del patron Romano Cenni, deceduto nel marzo dello scorso anno, ossia Elisabetta, Susanna e Micaela, al socio storico Luigi Valentini e al figlio Gianluca, a Ilaro Ghiselli, Giovanni Beccari ed Ettore Bandieri, amministratore delegato della Mercatone Uno Holding Srl dal 2009 al 2013, rientrato nell’inchiesta in un secondo momento. Stralciate, invece, le posizioni di Giuseppina Bosi, moglie di Cenni, e della figlia di Valentini, Cristina.
La ricostruzione fatta dalle fiamme gialle, effettuata anche grazie all’apporto dei tre commissari che stanno curando la procedura di amministrazione straordinaria del gruppo Mercatone Uno, esaminava alcune operazioni avvenute negli anni compresi tra il 2005 e il 2013. Operazioni che, come avevano precisato dalla guardia di finanza, sarebbero riconducibili «ad un unico disegno ideato e finalizzato a depauperare il patrimonio dell’azienda privandola tra l’altro delle garanzie per le esposizioni esistenti soprattutto verso il sistema bancario».
Secondo le indagini, coordiante dal pubblico ministero Michele Martorelli, attraverso una complessa riorganizzazione societaria sarebbe avvenuta la spoliazione del patrimonio immobiliare e un consistente flusso di denaro dal gruppo ai soci storici. Da una parte, gli immobili che ospitano i punti vendita del gruppo sarebbero stati trasferiti nel corso degli anni a società riconducibili a Cenni e Valentini per complessivi 170 milioni di euro, dall’altra gli indagati avrebbero aumentato i canoni d’affitto degli immobili e incassato «indebitamente» gli affitti delle sedi, assicurandosi introiti per oltre 100 milioni di euro.
Tutte queste operazioni, secondo le ipotesi degli inquirenti, avrebbero contribuito in maniera determinante a provocare il dissesto finanziario che ha condotto il gruppo Mercatone Uno a chiedere e ottenere l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria speciale per le grandi imprese in crisi.
«Le cifre sono inferiori rispetto alle imputazioni iniziali. Ora – sottolinea l’avvocato Luca Sirotti che, assieme alla collega Chiara Tebano, difende le tre figlie di Cenni – vengono contestate appropriazioni pari a circa 100 milioni di euro e non più quasi 300 milioni come emerso all’inizio dell’indagine. Questo perché gli inquirenti si sono concentrati maggiormente sulla distribuzione degli utili e non sul trasferimento degli immobili. Da parte nostra, respingiamo ogni accusa e ribadiamo che si è trattato di operazioni legittime, che dimostreremo nelle sedi opportune».
Da tutte queste operazioni, lo ricordiamo, è escluso il negozio di Toscanella di Dozza, che fa capo alla Siel Srl (Società italiana elettronica), controllata al 63 per cento dalla famiglia Cenni.
gi.gi.
Nella foto: il centro direzionale del gruppo Mercatone a Imola